Roma – “Il fatto che 23 Paesi abbiano firmato il primo atto” della cooperazione strutturata permanente sulla “difesa, vuol dire che quando avvii una politica europea nessuno vuole restare fuori”. È una delle considerazioni con cui Piero Fassino, presidente del Cento Studi di Politica Internazionale (Cespi) e responsabile Esteri del Pd, ha chiuso la quarta edizione di ‘How can we govern Europe?’, l’appuntamento annuale di Eunews. “Se uno guarda ai 60 anni di integrazione europea”, ha sottolineato l’ex sindaco di Torino, “non può che desumerne i vantaggi per gli Stati membri”. E questo sebbene si sia “diffusa la convinzione che le ferite sociali aperte dalla crisi economica negli ultimi dieci anni siano state acentuate dalle politiche dell’Unione europea”.
Fassino ha sottolineato come tutti gli ambiti, dalla difesa dell’ambiente all’energia, dalla sicurezza alla gestione dei migranti, indichino la necessità di “rilanciare l’integrazione”. Un cammino che non è completo perché “abbiamo un mercato unico e una moneta unica ma non una politica fiscale unica”, il che mette “in competizione” ogni Paese membro con l’altro, generando “un’aporia”.
L’esponente del Partito democratico ritiene però sia possibile far passare il messaggio che la dimensione europea sia l’unica in cui anche le ambizioni nazionali possano trovare realizzazione. Ne è esempio, a suo avviso, la vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi contro Marine Le Pen. Il leader di En Marche ha vinto proprio perché, di fronte all’opzione di chiusura nei propri confini, ha proposto ai suoi connazionali di cercare in Europa il luogo per “riprendere il controllo” e tornare a contare.
L’integrazione europea rimane quindi la via da seguire, a patto che ci sia “un salto in avanti della dimensione comunitaria” e, contemporaneamente, “non certo la soppressione ma un ridimensionamento della dimensione intergovernativa”.