Roma – L’Europa, quella vera, ancora non c’è e la rinascita europea non è iniziata. Per rispondere alle sfide attuali e future l’Ue deve ridestarsi, dotandosi di quei cambiamenti necessari per poter rimanere al passo coi tempi. Vuol dire una riforma profonda dell’Unione, quanto mai necessaria, in senso più federale. E’ questa una delle risposte offerte da How can we govern Europe?, l’evento sull’Unione europea organizzato da Eunews a Roma. L’Ue sconta ritardi naturali. Immigrazione, cambiamenti climatici, Brexit, economia che migliora lentamente. “L’Unione europea non è attrezzata a gestire tutto questo, perché nata su altri presupposti”, taglia corto Simona Bonafè, europarlamentare del Pd, intervenendo al panel “Proposte di riforma della governance istituzionale europea”, che rileva l’esigenza di una trasformazione istituzionale profonda dell’Europa. “Oggi non abbiamo un esecutivo europeo che sappia prendere decisioni rapide e urgenti come servirebbe”.
Serve la volontà politica degli Stati membri per fare il grande salto, volontà fin qui mancata. La Commissione europea, ricorda il capo della rappresentanza dell’esecutivo comunitario in Italia, Beatrice Covassi, ha proposto cinque scenari evolutivi per l’Europa. E’ “libro bianco definito troppo bianco perché non abbiamo preso una posizione”, ma è facile immaginare dove ricada la scelta preferita del team Juncker. Qualcosa però dovrà cambiare, perché la crisi economica può anche essere alle spalle, ma, continua Covassi, “possiamo davvero parlare di primavera europea? Credo di no, credo che ancora non ci sia una primavera europea, ed è per questo che la sfida è adesso”. Difesa, immigrazione, economia, populismo “sono tutte grosse sfide che ci sono” e che richiedono un intervento condiviso. “Non possiamo in questo momento storico restare passivi”, senza farci attori di questo cambiamento. Come l’Europa vorrà cambiare è dunque il punto cruciale della questione. Il motore franco-tedesco può fornire da impulso, ma rischia di non bastare.
“L’asse franco-tedesco funzionava ai tempi di Kohl e Mitterand perché il peso dei due Pesi era lo stesso, ma non si può immaginare che un motore a due cilindri funzioni se entrambi i cilindri non funzionano allo stesso modo”, sottolinea il presidente di Astrid, Franco Bassanini, convinto che “la sfida vuol dire anche opportunità per l’Europa”. Vale per il populismo, vale per la Brexit. “La Brexit sfida l’Europa, ma è anche vero che le posizioni del Regno Unito sono state in questi anni un freno all’integrazione europea”, per cui “con la Brexit abbiamo, per così dire, un freno che viene meno”. Un’occasione per rilanciare un progetto ancora troppo fermo.
“L’Europa ha questa sua dimensione che si deve a come è nata e a come non si è sviluppata”, sottolinea il coordinatore scientifico di Ridiam Giampaolo Rossi. L’Europa è ancora ferma ai tempi originari, quelli della comunità economica. “Vive con l’idea di fare il mercato comune, e quindi incapace di affrontare i problemi che vengono dall’esterno”. E’ stato fatto tanto ma allo stesso tempo troppo poco. “Abbiamo creato l’Euro ma non abbiamo creato i presupposti per l’Euro”, sottolinea. Il risultato è che oggi “abbiamo una moneta unica e 19 debiti diversi”. Va completato un progetto ancora incompiuto. E poi va comunicato. A detta di Covassi “ci sono due sfide fondamentali che ci troviamo ad affrontare, entrambe cruciali: comunicare l’Europa e la partecipazione, politica e democratica”.
Da una parte si critica l’Unione europea, dall’altra non si chiarisce cos’è l’Unione europea, afferma il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Andrea Mazziotti. “Su atti europei fondamentali come la revisione del regolamento di Dublino non c’è mai nessuno”. Più volte a Montecitorio “abbiamo chiesto che ci sia l’interlocutore negoziale, che venga a spiegare le cose”. Purtroppo, lamenta, “non c’è mai il rappresentante della Commissione, e questo è responsabilità dell’esecutivo di Bruxelles”. Di conseguenza, poi, “tutti sono convinti che l’Unione europea sono ‘loro’”. Mazziotti chiede all’Ue di spiegare, e poi invita l’Italia a recuperare il peso politico in Europa. “L’Italia deve puntare alla cooperazione con Germania e Francia, ma si può fare se facciamo i compiti a casa a nostra”. In questo momento rispetto ai principali attori del club a dodici stelle “abbiamo un gap di competitività, un gap di efficienza di Pubblica amministrazione e della politica ancora fortissimo”.