Roma – L’Europa deve rispondere a Donald Trump rafforzando il progetto comunitario. E’ un imperativo per l’Ue, vista a Washington come “concorrente da abbattere”. E’ l’avvertimento lanciato in occasione di How can we govern Europe, l’evento sull’Europa organizzato da Eunews a Roma. Pamela Harris, professoressa associata di Scienze politiche e affari internazionali alla John Cabot University, non nasconde la gravità del momento. “Ci troviamo in tempi bui, in cui gli Stati Uniti sono guidati da una persona che disdegna tutte le istituzioni pubbliche”. Non solo. “Trump è il primo presidente americano che non vede il valore strategico dell’Ue, che anzi considera un competitor irritante che dovrebbe essere distrutto”. Scenari e atteggiamenti che impongono agli Stati membri dell’Ue di trovare quegli stimola e quelle spinte finora mancate per rilanciare in maniera decisa il progetto comunitario.
Da questo punto di vista Trump “è un’opportunità” per l’Europa, secondo Roberto Menotti, direttore esecutivo di Aspen Initiative for Europe, meno preoccupato per l’ascesa di Donald Trump alla testa degli Stati Uniti. “Non vedo una minaccia geopolitica” dal cambio di politica dell’amministrazione americana. Anche perché “è davvero difficile al momento giungere a delle conclusioni e capire fino a che punto quali saranno le scelte statunitensi”. Certamente il disimpegno a stelle e strisce nei Paesi che fu di Gheddafi non deve sorprendere. “Sulla Libia il vuoto l’aveva già lasciato Barack Obama. Si aspettava che fossero gli europei ad occuparsene e tutto sommato lì c’è una certa continuità”. Così come non sorprende la politica in Medio Oriente. “Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un sostegno per la destra israeliana, a parte gli anni dell’amministrazione Obama”, ricorda Harris, anche lei convinta di “un ritorno al passato”.
Cambia dunque l’approccio con l’Europa e per l’Europa. Con la decisione di riconoscere Gerusalemme quale capitale israeliana, “adesso gli Stati Uniti hanno creato una situazione difficile per gli alleati in Medio Oriente”, Ue compresa, sottolinea Robert Leonardi, professore della Luiss. Per il docente universitario si vedono con il nuovo presidente Usa “gli effetti della politica dei tweet”. L’Europa deve quindi “aspettare che passi la tempesta”, secondo Menotti, nell’auspicio che le attitudini di Washington cambino in meglio. Nell’attesa, però, “la migliora risposta da dare in questa fase è lavorare per accrescere le capacità di risposta comuni”. E qui l’Italia “dovrebbe dare il suo contributo”.