Roma – L’Africa è destinata a crescere demograficamente ed economicamente. Se si affronta la questione economica l’Europa può rischiare di subire la concorrenza africana, ma se non si affronta la questione dell’aumento della popolazione lasciando senza risposte la domanda di occupazione allora i flussi migratori aumenteranno. Flussi che però, visto l’invecchiamento europeo, all’Europa faranno sempre più comodo. L’Ue, in sostanza, deve smetterla di costruire muri attorno al continente africano, ma deve investire veramente. Sono queste le conclusioni del panel dedicato al tema da How can we govern Europe?, l’evento sull’Unione europea organizzato da Eunews a Roma.
L’Africa è un tema che non si può evitare. Lo dicono i numeri, che Federico Bonaglia, vicedirettore del centro Sviluppo dell’Ocse, fornisce per meglio far comprendere la portata della sfida che l’Europa rischia di perdere se non cambia marcia. Dal 2000 a oggi la crescita economica dei Paesi africani è stata mediamente attorno al 6% annuo. “Dopo l’Asia, l’Africa resta la seconda regione mondiale per crescita”. Ma la questione vera è quella che si pone in prospettiva. Da qui al 2050 la popolazione del continente raddoppierà, passando a circa 2,4 miliardi di persone, la metà delle quali giovani fino a 25 anni. “Una bomba a orologeria”, avverte Bonaglia, perché si tratta di dover creare ogni anno 28-29 milioni di posti di nuovi posti di lavoro. Se non si creano si metteranno in marcia, destinazione Europa. Che serva quindi un piano per l’Africa non c’è dubbio. “Il problema non è se serva o meno un piano europeo per l’Africa, ma come realizzarlo”.
Fabrizio Bucci, vicedirettore generale per l’integrazione europea del ministero degli Esteri, promuove la strategia complessiva dell’Unione europea. “Serve una strategia per l’Africa, ma servono anche strategie regionali”. Proprio quello che l’Ue sta facendo con le tre strategie per il corno d’Africa, il Sahel, il golfo di Guinea. A queste si aggiungono gli accordi per la formazione della guardia costiera libica, e l’azione promossa a livello di relazioni con l’Unione africana. In generale, però, “dobbiamo reimpostare i nostri rapporti in chiave post-coloniale, per instaurare relazioni in condizioni di parità”.
La Farnesina mette le cose in chiaro: l’immigrazione non è un fenomeno passeggero. “Non possiamo parlare di emergenza migratoria, in quanto l’immigrazione è un fatto strutturale”. Vuol dire che “non possiamo fermare i flussi, ma possiamo gestirli”. A patto che l’Europa voglia farlo. Perchè il tema continua a essere divisivo, e perché l’agenda politica continua, anche comprensibilmente, a essere variegata. “I Paesi di Vysegrad non hanno nella sponda sud la loro priorità, e spingere tutti 28 verso una direzione unica non è facile”. Però, continua Bucci, “non è che girando la testa di un’altra parte i problemi spariscono”. Anche perché “dovremo continuare a occuparci di Africa nei prossimi decenni”. Allora, in tal senso, ha più senso ribaltare il pensiero diffuso per cui i flussi sono un problema. “I Paesi europei decrescono da un punto di vista demografico mentre l’Africa cresce visibilmente, e in un contesto simile i flussi migratori sono una risorsa importante” per l’Europa. Qualcuno, la Germania, l’ha capito. E’ così che si spiega l’apertura di Angela Merkel all’accoglienza dei siriani.
Certo la questione è complessa, “trattare l’Africa è complicato”, ammette Domenico Rosa, capo divisione partenariati strategici della Commissione europea. C’è ancora un passato ‘scomodo’ che l’Europa deve scrollarsi di dosso. “Agli africani l’espressione ‘Piano Mashall’ non piace, perché gli dà l’idea di un qualcosa già pronto”, rileva. Ricorda un passato spiacevole. “Ecco perché l’Alto rappresentante Federica Mogherini ha parlato di ‘New deal’ per l’Africa”. L’Ue mette sul piatto risorse, con l’auspico di avere nei prossimi anni un pacchetto complessivo per 40 miliardi di euro.
Ma soldi e politica non bastano. Il ‘new deal’ europeo ha bisogno di “una rivoluzione culturale”, secondo Angelo Romano, rettore della Basilica di S.Bartolomeo – Comunità di Sant’Egidio. Episodi come quelli di Mario Borghezio che alcuni anni fa fece alzare dal treno viaggiatori africani, non aiutano a costruire la credibilità degli europei presso l’Africa. Considerando che l’Europa non potrà fare a meno degli africani, l’approccio intollerante non aiuta. “Ho la sensazione che non ci rendiamo conto che i rapporti di forza sono cambiati”. E cambieranno ancora.