Bruxelles – Sui rimpatri l’impegno generale è maggiore rispetto al passato, con l’Italia che ha quasi colmato tutti i ritardi nelle procedure che servono per poter procedere ai ritorni dei migranti che non hanno diritto a rimanere su suolo europeo. Ma c’è un problema, che accomuna un po’ tutta Europa, ed è la difficoltà a trovare partner affidabili nella capitali africane, inclusa quella libica. E’ il quadro tracciato da Fabrice Leggeri, direttore generale dell’agenzia di guardia costiera e di frontiera europea (Frontex), in un’intervista concessa a Eunews.
La situazione in Libia rende più difficile la gestione dei flussi migratori?
Noi di Frontex non abbiamo un interlocutore nel Paese. Certamente in Libia c’è un problema di stabilità, e gli sforzi politico-diplomatici di Italia, Unione europea e anche Nazioni Unite vanno proprio nel senso di portare stabilità. Certo è più difficile fare della cooperazione in queste condizioni, ma pure se è difficile dobbiamo formare la guardia costiera e i futuri servizi del Paese.
Qual è la situazione per l’Italia in questo momento?
E’ difficile parlare di numeri e tendenze. Ma certo vediamo una cooperazione che si rafforza sul fronte dei ritorni.
Alcuni Paesi criticano l’Italia per carenze nelle registrazioni. Com’è la situazione adesso?
Negli hotspot dell’Italia le registrazioni dei migranti sono vicine al 100%, e questo dà credibilità all’attività svolta dalle autorità, che aiutiamo. Con le autorità italiane abbiamo organizzato missioni di identificazioni con Gambia e Nigeria. Una delle sfide è proprio quello di procedere alle identificazione in maniera adeguata, ma il problema per i ritorni, e questo non è solo un problema per l’Italia, è che i Paesi d’origine non riconoscono le persone registrate.
E’ un problema di volontà politica?
Si, c’è un problema di assenza di volontà politica.
Come si supera?
Certamente con l’attività diplomatica, ma il problema può essere risolto con buoni dossier tecnici, che siano molto solidi, inattaccabili.