Bruxelles – La Commissione europea ripete da tempo che le cose vanno meglio, mostra i dati di una ripresa migliore anche di ogni aspettativa, ma la verità è che la cura per la Grecia non ha funzionato. Ha corretto una situazione sì difficile e a tratti drammatica, ma solo parzialmente e “a caro prezzo”. E se la Grecia si trova in questa situazione è anche colpa dell’esecutivo comunitario, che ha gestito la crisi dell’Euro in modo molto, troppo naif. “All’avvio del programma per la Grecia, la Commissione non aveva esperienza nella gestione di un tale processo”. E’ questa la premessa alla base del rapporto della Corte dei conti europei (Eca) sul ruolo della Commissione Ue nella gestione del problema del debito ellenico.
Le lacune sono da imputare a una situazione mai verificatisi prima, perché le crisi di Portogallo e Irlanda, che pure hanno preceduto quella greca, hanno altre specificità. Baudilio Tomé Muguruza, membro dell’Eca e tra i responsabili del rapporto, però non ha dubbi: il programma per Atene non ha funzionato. “A metà del 2017, la Grecia ha ancora bisogno di sostegno finanziario esterno: ciò significa che i programmi precedenti, anche a causa di debolezze di attuazione, non sono riusciti a ripristinare la capacità del paese di finanziare le proprie necessità sui mercati”. E’ quanto riferito dal funzionario in una audizione al Parlamento europeo. Tradotto: la Grecia è lontana dal camminare sulle proprie gambe, anche perché “gli obiettivi specifici dei programmi sono stati realizzati solo in misura limitata”.
Colpa anche di Atene, se è vero che “l’instabilità politica ha avuto un impatto significativo nel rispetto degli obiettivi” di risanamento. Non è una questione di elezioni, è anche il tempo perso da Alexis Tsipras con un referendum che ha bloccato un Paese e paralizzato l’area Euro. Però c’è anche farina del sacco del team Barroso prima, e di quelli Juncker poi. Nell’imporre il programma di riforme alla Grecia in cambio di prestiti “alcune misure fondamentali non sono state adeguatamente giustificate o adattate alle specifiche debolezze del settore”. Per altre, invece, la Commissione “non ha considerato globalmente la capacità di attuazione della Grecia nel processo di definizione e non ne ha quindi adattato l’estensione e la tempistica”.
Dal rapporto e dalla presentazione offerta dal rappresentante della Corte dei conti ne viene risulta dunque un quadro pasticciato, con il risultato finale che non può essere che quello che è. “La capacità della Grecia di autofinanziarsi rimane critica”. Il dissesto di bilancio della repubblica ellenica “è stato sostanzialmente ristrutturato ma a costi elevati”. Eccolo il risultato, nella sintesi Baudilio Tomé Muguruza.
I suggerimenti alla Commissione letti in Parlamento fanno capire quanto sia stato tutt’altro che impeccabile il lavoro svolto dagli uomini della Commissione europea, a cui si chiede di “precisare meglio la priorità delle condizioni e specificare le misure urgentemente necessarie per affrontare gli squilibri ed essenziali per realizzare gli obiettivi dei programmi”. E poi, bisogna “garantire che i programmi siano inseriti in una strategia complessiva di crescita del paese”. Affermazione, questa, che da sola mette in discussione l’intero impianto della politica di assistenza per Atene. Si ripete che i greci stanno facendo bene, che i loro indicatori macroeconomici sono tutti positivi come meglio non si potrebbe, ma viene messa in dubbio la capacità di crescita.
Ancora, i tecnici dell’esecutivo comunitario devono “valutare in maniera più sistematica la capacità amministrativa dello Stato membro di attuare le riforme”. Un’altra raccomandazione che sa di bocciatura, visto che implicitamente si dice che viene chiesto di fare qualcosa che non è possibile. E poi, conclude il membro della Corte dei conti, “per il futuro andrebbero favorite più trasparenza e responsabilità”.