Bruxelles – Il Mercato unico digitale è la risposta indispensabile per la crescita. Ne è convinto Roberto Viola, capo della Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie (Connect) della Commissione europea, che vanta come l’Europa sia “un modello di riferimento” in termini di regolazione. Unificare il mercato è il punto di partenza per poter parlare di Web Tax, di sviluppo del 5G, per regolare le reti nazionali, il tutto continuando ad incorporare nella legislazione di settore i “valori fondanti” dell’Unione europea e passando per l’istruzione e le certezze da offrire alle aziende. Il potenziale del 5g “è enorme, ma ciò implica – ammonisce il Direttore generale – una profonda trasformazione industriale del settore delle telecomunicazioni”.
Viola ha concesso a Eunews questa lunga e approfondita intervista, i cui contenuti arricchiranno il dibattito della quarta edizione di “How Can We Govern Europe?”, l’evento annuale di Eunews sui temi salienti (e non) dell’Unione europea che si svolgerà i prossimi 6 e 7 dicembre a Roma.
Eunews – L’Europa è stata leader nello sviluppo della telefonia mobile con lo standard GSM, nello sviluppo successivo digitale, cioè gli OTT (Over The Top) la palla è ripassata oltre oceano, il Digital Single Market è la riposta della Commissione affinché il pendolo ritorni nel vecchio continente, qual è la priorità?
Viola – Il mercato unico digitale è la risposta dell’Ue alle opportunità e alle sfide dell’era digitale. Stiamo rimuovendo gli ostacoli al mercato, migliorando l’accesso per le imprese e i consumatori e creando il giusto quadro sia per la connettività sia per l’economia dei dati. Abbiamo presentato 43 iniziative, 24 delle quali legislative, negli ultimi 2 anni e mezzo. Ne abbiamo già adottate alcune, come la fine delle tariffe di roaming e la portabilità dei contenuti.
Tutte queste iniziative sono interconnesse. Senza il coordinamento dello spettro, non è possibile implementare la connettività 5G necessaria per i veicoli connessi o per l’Internet delle cose. Senza High Performance Computing non possiamo sbloccare il potenziale della salute digitale o mantenere elevati standard di sicurezza informatica. E senza regole di platform to business e regole di protezione dei consumatori forti non possiamo avere un settore dell’e-commerce aperto ed equo. Tutte queste iniziative permetteranno all’Ue di diventare uno spazio fiorente per gli investimenti digitali e l’innovazione tecnologica.
L’Europa è un modello di riferimento in termini di regolazione del campo digitale. Nelle nostre proposte legislative innovative siamo riusciti a incorporare valori europei fondamentali come la libertà di parola o la privacy. Continueremo a farlo nel nostro lavoro sulle piattaforme online o sulla sicurezza informatica.
Il Digital Single market, oltre al tema a lei molto caro relativo alla sanità, come è collegato al progetto Industria 4.0 e alla carenza di competenze digitali?
La digitalizzazione dell’industria europea è essenziale per tutelare la nostra competitività globale. Dobbiamo unire le forze e concentrare le nostre attività per salvaguardare la competitività della nostra industria e garantire il benessere dell’Europa. Si tratta di un progetto complesso che per avere successo deve coinvolgere l’industria stessa, gli Stati membri e le istituzioni europee. Il nostro principale approccio su questo tema è sostenere e stimolare la collaborazione tra gli Stati membri. Il bilancio della Commissione dovrebbe essere utilizzato per riunire le attività nazionali per attuare una strategia di politica industriale europea che aiuti le nostre industrie a rimanere o diventare il leader mondiale nell’innovazione, nella digitalizzazione e nella decarbonizzazione.
Attraverso la piattaforma europea delle iniziative nazionali, lanciata a marzo 2017 a Roma, aiutiamo a coordinare le iniziative nazionali dell’industria 4.0. Il valore aggiunto europeo deriva dai meccanismi di collaborazione in rete e transfrontalieri, in cui gli Stati membri, le regioni, l’industria e il mondo accademico agiscono insieme per perseguire obiettivi comuni. Con le priorità sulla standardizzazione attraverso la costruzione di piattaforme e la sperimentazione su larga scala, nonché sulle reti di centri di innovazione digitale, l’iniziativa Digitizing European Industry sta coordinando azioni – o in termini più semplici – fornendo il collante che unisce le strategie nazionali.
Il processo di digitalizzazione, nell’industria e nei servizi, ha importanti implicazioni per il mercato del lavoro e il futuro delle competenze. La digitalizzazione porterà alla trasformazione di molte professioni. I lavori poco qualificati, che sono ripetitivi, sporchi o pericolosi per l’uomo, saranno probabilmente automatizzati, consentendo agli esseri umani di concentrarsi su compiti meno onerosi e più soddisfacenti. Saranno quindi creati molti nuovi posti di lavoro, attraverso l’emergere di nuove professioni e una maggiore domanda di profili professionali esistenti, che avverranno sia nelle industrie tradizionali sia in nuovi settori che ancora non esistono.
Considerando questi effetti della trasformazione digitale, dobbiamo investire nel nostro capitale umano. L’aumento delle competenze digitali consentirà ai lavoratori di utilizzare queste nuove tecnologie e gli consentirà di svolgere quelle attività nelle quali gli esseri umani hanno di meglio da dare rispetto alle macchine, costruite sulla creatività o sull’interazione sociale.
Web tax, la proposta, partita da molti Paesi europei (con alcuni schierati per il no, come il caso dell’Irlanda) sembra essere tornata di nuovo in agenda dei leader europei: sarà un banco di prova per dimostrare che la dimensione di qualsiasi stato membro non è sufficiente a giocare un ruolo nell’economia mondiale, ciò evidentemente non riguarda solo il mercato digitale, ma anche altri.
Una questione come la “tassa sul web” non può essere affrontata dai paesi dell’Ue separatamente, poiché si rischia la distruzione del mercato unico digitale. L’azione non coordinata può aumentare il contenzioso fiscale internazionale sulle società, fornire ulteriori scappatoie alle multinazionali digitali e danneggiare il consumatore. L’Ue ha avviato una riflessione sulla tassazione dei modelli di business digitali intesa a preservare le basi imponibili dei paesi dell’Ue e a stabilire condizioni di parità tra le imprese tradizionali e digitali e tra le società digitali indipendentemente dalla loro ubicazione. Un approccio comune in materia di tassazione delle società digitali sarà inoltre molto più efficace nei confronti delle società e delle giurisdizioni di Paesi terzi, in quanto tali questioni sono regolate con trattati internazionali e l’Ue offre agli Stati membri una migliore posizione negoziale.
Internet delle cose, automobili che si guidano da sole, comunicazioni ultraveloci e anche nuovi tipi di occupazione. I cittadini sentono parlare di cose che sembrano quasi fantascienza ma che invece sono lì, dietro l’angolo. Il 5G sarà il traino di tutto ciò?
Sì, il 5G sarà l’attivatore di nuove applicazioni che saranno possibili grazie a velocità molto elevate e bassa latenza, come video ad alta definizione ovunque e realtà aumentata in cui il mondo digitale e fisico diventeranno uno solo. Il 5G fornirà la tanta capacità necessaria per rendere gli ingorghi del traffico dati un ricordo del passato. Trasformerà le nostre industrie con enormi opportunità di crescita e creando nuovi posti di lavoro. Il 5G migliorerà anche l’accesso alle competenze digitali e cambierà il modo in cui lavoriamo. Il suo impatto sarà sperimentato da tutti i cittadini e le imprese europee. Soprattutto sentiremo i suoi benefici, ad esempio in una mobilità più sicura, in un’energia più economica e migliori servizi sanitari.
Il 2018 sarà l’anno in cui la tecnologia 5G inizierà a essere implementata su larga scala allo scopo di testarla. I primi test sono già iniziati nelle principali città europee. I cittadini saranno sicuramente in grado di entrare in contatto con il 5G in queste “vetrine”. Inoltre, la Commissione sta creando opportunità per grandi progetti di sperimentazione per testare il 5G per la guida automatizzata delle auto la manifattura intelligente in tutta l’Ue.
Molti Paesi Membri sono in procinto di lanciare o chiudere le gare per lo spettro 5G. Lo spettro, bene raro per definizione, come dovrà essere gestito per garantire la pluralità degli attori?
È importante che gli attori del 5G abbiano la certezza del diritto di poter investire. Ciò significa che le regole per l’assegnazione dello spettro in Europa devono essere coerenti. Soprattutto nelle bande di frequenza più elevate esamineremo condizioni di utilizzo più flessibili per l’uso dello spettro, per consentire la condivisione tra una vasta gamma di attori del mercato.
Mentre gli Stati membri e chi opera nel mercato concordano con gli obiettivi generali della Commissione, l’impegno in alcuni settori deve essere rafforzato. Innanzitutto, è necessario un maggiore impegno da parte dell’industria per un’ambiziosa tabella di marcia per la sperimentazione del 5G, che richiede una stretta collaborazione tra diversi settori economici. In secondo luogo, è necessario un maggiore impegno laddove gli Stati membri devono adottare un approccio coordinato a livello europeo, in particolare nel settore del coordinamento dello spettro e delle tabelle di marcia comuni per la realizzazione.
Vogliamo evitare la frammentazione degli approcci tra gli Stati membri e tra i settori, per non replicare gli errori del 4G, quando uno sviluppo frammentato nell’Ue ha impedito all’Europa di sfruttare appieno i vantaggi, le economie di scala e la portata che sarebbero state possibili con una implementazione coordinata nella fase iniziale. La combinazione di azioni volontarie e normative proposte dovrebbe quindi creare un ambiente più stabile per stimolare gli investimenti. Da tale prospettiva, la riforma dello spettro dell’Ue è un ingrediente chiave della nostra proposta per sostenere il 5G e il suo sfruttamento coordinato in Europa.
Su e-commerce, geoblocking, Data protection, ci sono progressi importanti, dove vede invece le maggiori criticità? Come mai ci sono tante resistenze nel settore dei contenuti (pensiamo ad esempio al caso della direttiva SatCab ed al principio del country of orign)? Come mai non riusciamo a creare un mercato europeo dei contenuti che vada al di sopra dei singoli paesi?
Aumentare la disponibilità di contenuti creativi (ad esempio libri, musica, film) per i consumatori in tutta l’Ue è un obiettivo chiave della nostra strategia per il Mercato unico digitale. Ci siamo occupati di varie proposte legislative, a partire dalla direttiva sulla gestione dei diritti collettivi del 2014 – ma spesso si dimentica che, oltre alle disposizioni sulla governance delle società di gestione collettiva, quella direttiva facilita anche la concessione di licenze per servizi di musica online multi-territoriale – fino alla proposta più recente sul Paese di origine per i programmi Tv e radio che lei ha menzionato, che si ispira alla vecchia ma ancora rilevante Direttiva Satellite e Cavo (SatCab).
La Commissione è inoltre in costante dialogo e scambio con l’industria su come garantire che siano disponibili più contenuti europei in tutta l’Ue. Si sta facendo molto per iniettare più mercato unico in questo settore. Non è, tuttavia, un compito facile e le proposte della Commissione sono spesso accolte con cautela, per non dire altro. Dobbiamo riconoscere che è essenziale trovare il giusto equilibrio tra una maggiore disponibilità transfrontaliera di contenuti e la necessità di garantire validi modelli di finanziamento per l’industria creativa dell’Ue perché possa continuare a prosperare. Entrambi sono obiettivi della Commissione e pensiamo di aver finora raggiunto un giusto equilibrio nelle nostre proposte. Tuttavia, le nostre proposte continuano a essere oggetto di accesi dibattiti: così continuiamo a spiegare, rassicurare e fornire input tecnici in modo che possano avere successo e offrire vantaggi significativi.
Il geoblocking è un altro esempio di qualcosa che abbiamo appena concordato con il Consiglio e il Parlamento, e nonostante molta opposizione, per la fine del geoblocking ingiustificato per i consumatori che desiderano acquistare prodotti o servizi online nell’Ue. Le nuove regole promuoveranno l’e-commerce a vantaggio dei consumatori e delle imprese che approfittano del crescente mercato online europeo in tre situazioni specifiche, in cui non è concepibile nessuna giustificazione e nessun criterio obiettivo per un trattamento diverso tra clienti di diversi Stati membri dell’Ue. Questi sono: 1) la vendita di beni senza consegna fisica in cui, ad esempio, un cliente belga desidera acquistare un frigorifero e trova l’offerta migliore su un sito Web tedesco. Il cliente avrà il diritto di ordinare il prodotto e ritirarlo presso la sede del commerciante o organizzare personalmente la consegna a casa sua. 2) La vendita di servizi forniti elettronicamente; ad esempio, un consumatore bulgaro può acquistare servizi di hosting per il suo sito Web da una società spagnola senza dover pagare costi aggiuntivi rispetto a un consumatore spagnolo. 3) Infine, la vendita di servizi forniti in una specifica ubicazione fisica che consentirebbe, ad esempio, a una famiglia italiana di acquistare un viaggio direttamente in un parco di divertimenti in Francia senza essere reindirizzato a un sito Web italiano.
Il Regolamento non copre i contenuti o i prodotti protetti da copyright per i motivi già delineati, ma lo esamineremo in futuro. Inoltre non impone l’obbligo di vendere e non armonizza i prezzi. Tuttavia, si fa riferimento alla discriminazione nell’accesso a beni e servizi nei casi in cui non può essere obiettivamente giustificata (ad esempio, obblighi Iva o requisiti legali diversi).
Veniamo all’Italia; il recupero sulle reti in fibra sembra avviato e, nonostante alcuni “scossoni” ancora in via di definizione (rete Tim, ruolo Open Fiber), dovremo nei prossimi anni vederne gli effetti per i cittadini. Che ruolo svolgerà la Commissione Europea in caso di scorporo della rete TIM, volontaria o imposta dal governo o dal regolatore?
Dopo l’approvazione del piano per la banda ultralarga nel marzo 2015, lo sviluppo della rete NGA si sta evolvendo nella giusta direzione, in quanto l’Italia sta colmando il divario con la media europea, anche se la copertura nelle aree rurali è ancora gravemente carente. Stiamo cercando di creare il giusto contesto normativo e le condizioni favorevoli per gli operatori per continuare a investire nello sviluppo delle reti NGA, preservando allo stesso tempo il livello di concorrenza.
In questo contesto, dopo il recente intervento del governo sull’uso della cosiddetta Golden power sulla rete di Tim, seguiremo da vicino il processo di attuazione che sarà sviluppato nei prossimi sei mesi, in particolare nel caso in cui verrà proposto un processo di separazione. Il ruolo della Commissione è cruciale in tale procedura. A tale riguardo, vale la pena ricordare che lo scopo della separazione è garantire la piena equivalenza dei prodotti di accesso a tutti gli operatori a valle, comprese le divisioni a valle di Tim. Per arrivare a una separazione di rete ci sono solo due possibilità previste dal quadro di comunicazione elettronica: una separazione funzionale imposta dal regolatore italiano, Agcom, come rimedio eccezionale, o una separazione volontaria proposta da Tim. Nel primo caso l’autorità nazionale di regolamentazione effettua, laddove vi sia stata persistente incapacità di attuare una non discriminazione effettiva in molti dei mercati interessati e in cui non vi sono prospettive significative di concorrenza per infrastrutture entro un lasso di tempo ragionevole, una complessa e articolata considerazione per valutare la proporzionalità della misura. La proposta di separazione funzionale dovrebbe essere autorizzata in anticipo dalla Commissione.
Nel caso della separazione volontaria, l’autorità nazionale di regolamentazione dovrebbe valutare l’effetto dell’operazione prevista su tutti gli obblighi normativi esistenti già imposti o da imporre / revocare all’operatore verticalmente integrato effettuando una nuova analisi dei mercati di accesso che saranno quindi soggetti al controllo della Commissione.
Pertanto, la Commissione interverrà al fine di garantire la compatibilità di eventuali nuovi accordi con la normativa dell’Ue e con il quadro di comunicazione elettronica, garantendo che siano preservati anche gli incentivi dell’impresa interessata a investire nella sua rete e che la separazione non comporti potenziali effetti negativi sulle opportunità consumatore, anche in termini di coesione sociale e territoriale.
L’Italia ha raccolto la sfida del 5G partendo con sperimentazioni in diverse città sia per
iniziativa del Governo (Milano, Bari, Matera, Prato, L’Aquila) che degli operatori (Roma, Catania, Torino, San Marino). L’ecosistema è pronto a lanciare nuovi modelli economici e di business: quali saranno gli effetti sulla competizione? Oltre alle tradizionali TLC, pensa che i nuovi attori arriveranno anche da altri settori? Sarà necessario ripensare il modello di rete, ad esempio una rete di accesso wholesale unica, oppure si continuerà con reti verticalmente integrate in competizione?
La concorrenza a livello mondiale per la prossima ondata di servizi digitali richiede che l’infrastruttura 5G sia implementata il prima possibile, il che significa dal 2020 in poi, sulla base delle attuali proiezioni riguardanti la disponibilità della nuova tecnologia. Le prime sperimentazioni, come quelle in programma in diverse città italiane, sono un’opportunità per dare il via alla 5G in Europa, specialmente nelle aree urbane con infrastrutture a piccole celle dove i benefici sono previsti più a breve. Ma la rete dovrebbe anche essere più ampia e fornire senza soluzione di continuità una copertura ininterrotta per collegare le persone in aree più difficili dove c’è fallimento del mercato, lungo le autostrade e nelle aree remote, per far fronte alla crescente domanda di capacità.
La Commissione ha definito l’obiettivo del pieno impiego del 5G in tutta l’Ue entro il 2025. I potenziali benefici sono enormi: creare altri 2 milioni di posti di lavoro nell’Ue e benefici sulla crescita stimati in 146,5 miliardi di euro l’anno. Questi provengono in particolare da quattro settori verticali: automobilistico, sanitario, trasporti e servizi pubblici. Infatti, il 5G non solo consente velocità di accesso molto più veloci, circa 10 volte di più rispetto al 4G. Supporterà soluzioni di connettività ad hoc su misura per una serie di settori industriali verticali, dove oggi le reti forniscono solo soluzioni “taglia unica”. Ciò implica una profonda trasformazione industriale del settore delle telecomunicazioni, applicando tecnologie simili a quelle delle piattaforme di cloud computing. Questa è una grande sfida industriale, ma anche una grande opportunità per trasformare un settore con ricavi stagnanti in un vero settore dei servizi.
Certo, non è sufficiente avere la tecnologia 5G disponibile in tempo, è vitale dispiegarlo tempestivamente e su larga scala per rendere competitiva la nostra economia. Ciò richiede investimenti a breve e lungo termine, disponibilità tempestiva e coordinata dello spettro per il 5G, oltre a nuovi modelli di implementazione adeguati come i modelli all’ingrosso e l’infrastruttura condivisa.
L’Italia sta generando nuovi attori competitivi nel copyright management, quali Soundreef e Patamu, ma paradossalmente il mercato per questi operatori resta chiuso, cioè in mano alla Siae, che invece sta aprendo alle altre società collettive straniere. Come mai questa differenza di trattamento?
Seguiamo da vicino le discussioni per quanto riguarda il quadro applicabile alla gestione collettiva in Italia. Nel 2014 l’Ue ha adottato un’importante direttiva (la “direttiva Crm”) che mira a semplificare le norme per la gestione collettiva nel mercato unico digitale e rendere le società di gestione collettiva più trasparenti e responsabili nei confronti dei loro membri e utenti. L’obiettivo principale di questa direttiva sono le organizzazioni di gestione collettiva. Abbiamo avuto interazioni positive con le autorità italiane e ci hanno recentemente notificato la nuova legge. Stiamo analizzando attentamente la situazione.
Formazione digitale e PA digitale, sarà il mercato a trascinare questi sistemi nella crescita digitale oppure possiamo pensare che sia il contrario?
Una parte non può evolversi indipendentemente dall’altra. Non possiamo modellare un sistema di istruzione e formazione senza tener conto di ciò che il mercato richiede come competenze. Altrimenti le aziende dovranno sostenere l’onere di riqualificare le persone, mentre il nostro sistema educativo produrrà giovani che avranno difficoltà a trovare lavoro, poiché non hanno gli strumenti necessari per il mercato del lavoro.
Lo stesso si può dire dell’ eGovernment. Importanti sforzi sono stati messi in atto per garantire soluzioni digitali per i cittadini europei. Dobbiamo ricordare che, in termini di interazione, i governi competono con importanti attori del mercato, come piattaforme online o servizi di eBanking. I cittadini hanno determinate aspettative sulla progettazione e sulla semplicità dell’interazione che le future soluzioni di pubblica amministrazione digitale dovranno soddisfare. Questo concetto è stato pienamente recepito dal Consiglio europeo nelle conclusioni di ottobre, in cui chiedeva ai governi nazionali e al settore pubblico di essere pienamente coinvolti nell’era digitale e di dare il buon esempio, attraverso l’implementazione di nuove tecnologie, l’accessibilità, uno sportello unico Governo e l’ampia adozione del principio “once-only”.