Bruxelles – Probabilmente le cose cambieranno, perché “recenti provvedimenti promuovono la prescrizione dei farmaci generici”, ma per ora, “nonostante l’impegno per migliorare l’efficienza della spesa farmaceutica”, le medicine equivalenti ai farmaci di marca “costituiscono ancora una piccola percentuale del volume complessivo dei medicinali oggetto di prescrizione medica”. E’ la criticità messa in luce dalla Commissione europea nel rapporto sullo ‘Stato di salute dell’Ue’, lo speciale studio che fotografa la situazione sanitaria negli Stati membri dell’Unione. Un insieme di 28 ‘Profili della sanità’, uno per ciascun Paese, per identificarne punti di forza e di debolezza. Il giudizio complessivo per l’Italia è positivo. “I bassi tassi di mortalità evitabile suggeriscono l’efficacia generale del sistema sanitario italiano”. Tuttavia gli spunti di intervento non mancano, a cominciare dal mercato dei farmaci.
Il problema è che nella Penisola “si prescrivono pochi farmaci generici”. Bruxelles riconosce che la revisione della spesa pubblica avviata nel 2012 “ha compiuto un ulteriore passo” per favorire la diffusione dei farmaci non di marca, ciò nonostante in Italia la penetrazione del mercato da parte dei farmaci generici “è ancora relativamente modesta rispetto ad altri paesi europei”. Dati alla mano, nel 2015, si attestava all’11% della spesa farmaceutica e al 19% dei consumi. Poco, troppo poco, sopratutto per un Paese dove l’eccessivo costo dei medicinali contribuisce all’esclusione dalle cure sanitarie.
In Italia “una percentuale relativamente elevata di cittadini segnala necessità sanitarie non soddisfatte”, rileva l’esecutivo comunitario. Nonostante la copertura completa per le prestazioni sanitarie di base, nel 2015 il 7% degli italiani ha segnalato bisogni sanitari non soddisfatti per motivi di natura economica, geografica (distanze eccessive) o di attesa. Tale percentuale è superiore alla media europea (inferiore al 4%). “La maggior parte” dei bisogni insoddisfatti è imputabile al costo troppo elevato della prestazione, prima ancora che alle liste d’attesa e alle barriere.
La Commissione europea è dell’idea che in Italia ci sia una situazione di discriminazione, e implicitamente chiede di porre rimedio. “Nella fascia di reddito più bassa la percentuale di cittadini che segnalano bisogni sanitari non soddisfatti per motivi economici è particolarmente elevata, lasciando supporre marcate disparità nell’accesso all’assistenza”. Una situazione figlia anche della crisi, a seguito della quale, ricorda il documento di Bruxelles, una serie di provvedimenti per la riduzione della spesa pubblica ha prodotto tagli ai finanziamenti pubblici per la sanità, con “la maggior parte delle regioni che ha chiesto ai cittadini una maggiore partecipazione ai costi per l’acquisto dei farmaci”.
Infine c’è il problema dei vaccini. In Italia si vaccina poco, e non è una novità. Non è la prima volta che la Penisola viene richiamata per questo problema specifico. Nel documento riferito all’Italia, la Commissione europea dedica un box apposito, dal titolo “La riduzione della copertura vaccinale è la causa principale di un’epidemia di morbillo nel 2016-2017”. Un riquadro di poche righe, ma significative, in cui si mettono nero su bianco i numeri delle malefatte nazionali. “Per effetto della riduzione delle vaccinazioni, nel 2016-2017 si è verificata una preoccupante epidemia di morbillo, con un totale di 865 casi nel 2016 e 2.851 casi registrati fino a giugno 2017”, rileva lo speciale rapporto. Praticamente nove casi su dieci di questa epidemia (89%) riguardano soggetti, prevalentemente bambini, mai vaccinati.