Bruxelles – “Non siamo riusciti a esercitare alcuna reale influenza politica ed economica sul futuro dell’Africa”. Ci voleva l’immigrazione e l’impatto elettorale sui governi per far capire all’Europa la valenza strategica dell’Africa. Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, cerca di correre ai ripari, ospitando una conferenza di alto livello per cercare di rivitalizzare delle relazioni volutamente e colpevolmente lasciate al minimo indispensabile. Oggi più che mai l’Europa ha bisogno dell’Africa per gestire la crisi migratoria, ma si trova a dover chiedere provvedimenti a chi fino a oggi è stato ignorato. “Per molti anni, l’Unione non ha prestato all’Africa l’attenzione che merita”, riconosce Tajani. “Spesso guardavamo dall’altra parte, incuranti delle emergenze, umanitarie o legate al clima, alla sicurezza o alla stabilità, che gli africani devono affrontare ogni giorno”. Adesso, in nome dell’interesse ad abbattere il muro di indifferenza eretto in questi anni, “dobbiamo inviare un chiaro segnale che siamo determinati a rilanciare e rafforzare la nostra partnership”. L’Europa ha il dovere quanto meno di provarci, ma la posizione di partenza appare debole. Gli europei vanno (tornano?) in Africa con un deficit di credibilità storica e politica incolmabile.
Da quando gli Stati europei hanno formalmente chiuso la vergognosa fase coloniale il trattamento riservato al continente non è cambiato di molto. In termini pratici è solo cambiato il modo di gestire il territorio, o di disinteressarsi delle questioni lasciando i governi locali ai loro problemi (loro nel senso di europei, e lasciati in eredità alle nazioni indipendenti). Questioni di interessi, come sempre in questi casi, geopolitici. E di interessi in Africa ve ne sono tanti. Opportunismi e opportunità hanno guidato i Paesi europei nelle loro politiche per il continente, e questo non è mai cambiato. Ma la storia a un certo punto presenta il conto. Una situazione mai sanata e anzi deterioratasi col tempo si trasforma in flussi di migranti verso l’Europa, e i cambiamenti climatici, frutto anch’essi delle politiche dei Paesi ricchi e industriali, non fanno che aggravare i movimenti degli africani. La gente si sposta e si sposterà, almeno che non si corra ai ripari. L’Europa se n’è improvvisamente accorta, dopo anni di noncuranza. “La desertificazione, le carestie, le malattie, il terrorismo, la disoccupazione e il malgoverno stanno esacerbando l’instabilità e contribuendo alla migrazione incontrollata”, avverte Tajani, che oggi, sì, riconosce come “i problemi dell’Africa sono anche i problemi dell’Europa”.
Il presidente del Parlamento europeo dice cose giuste e vere, ma non dice per quale motivo l’Africa dovrebbe adesso venire incontro all’Unione europea. L’Europa ha sbagliato e ha continuato a sbagliare tutto quello che poteva in Africa. Dopo il colonialismo non sono state costruire relazioni veramente sincere con i neo-nati Stati africani, sempre trattati come soggetti da sfruttare e usare a piacimento delle economie ‘forti’. Quindi l’ascesa cinese ha visto Pechino conquistare spazi e influenze, creando un nuovo imperialismo economico visto in maniera molto meno negativa. Attenzione: anche i cinesi si muovono per opportunismi e opportunità, ma lo fanno in modo completamente diverso, e stanno vincendo la partita africana a scapito dell’Europa. Tajani dice quello che probabilmente tutti o quasi hanno capito da un pezzo nel vecchio continente.
“Nel 2050 la popolazione africana raddoppierà, arrivano a oltre 2,5 miliardi di persone”, ricorda il presidente del Parlamento europeo. Significa che senza politiche ‘di prospettiva’ questa esplosione demografica “potrebbe essere un problema”. Per l’Africa, certo. Ma pure per l’Europa che non vuole i migranti (non si dice, ma la chiusura di certi Stati membri dell’Ue al meccanismo di redistribuzione parla chiaro). Come Europa, continua ancora Tajani, “dobbiamo sostenere gli sforzi che gli stessi africani stanno facendo per creare una base produttiva sostenibile e sviluppare un’agricoltura efficiente, fonti di energia rinnovabile e acqua, energia, mobilità, infrastrutture logistiche e digitali adeguate, elaborando un vero ‘Piano Marshall’ per Africa”. Un’iniziativa doverosa per il corso degli eventi, voluta perché serve agli europei prima ancora che agli africani. Peccato che non è chiaro sapere quanto gli Stati membri vorranno mettere sul piatto, ma le risorse quasi certamente non potranno competere con i miliardi di Yuan spesi dai cinesi. L’Europa si muove tardi, e offre risposte tardive e ipocrite. Tutti elementi che contribuiscono poco a influire sul futuro dell’Africa.