Sì, il sorteggio è andato male, ma comunque in tutta questa storia di Milano e dell’Agenzia europea del farmaco c’è del buono.
Il sorteggio è un sistema approvato dai capi di Stato e di governo proprio al fine di evitare un “mercato delle vacche” dell’ultimo voto, per evitare scambi dannosi probabilmente per tutta l’Unione, per riconoscere che quando si arriva a due candidature a pari merito per l’Ue evidentemente l’una vale l’altra. La scelta non è stata tra Milano e un villaggio sperduto ai confini dell’Unione, ma tra due città che sono le “capitali economiche” di due Paesi fondatori dell’Unione, che hanno caratteristiche simili di logistica, che insomma sono assolutamente comparabili. Dunque per l’Unione, perché quello è il bene che va preservato in quel consesso, una scelta valeva l’altra, evidentemente. Ed è anche la verità.
Quel che per l’Italia è venuto di buono è molto, nonostante la “non vittoria” finale. Due cose soprattutto: la dimostrata capacità delle istituzioni di lavorare insieme, in maniera coordinata e credibile, per un obiettivo complesso che avrebbe certamente portato del bene a Milano, ma non avrebbe di certo cambiato le sorti della città o tanto meno del Paese, restiamo con i piedi per terra e fuori dalla retorica. Uomini del Pd, della Lega, di Forza Italia, ma anche dei 5 stelle hanno attivamente o almeno politicamente sostenuto la battaglia, perché era giusta e utile. Insieme le intelligenze e le capacità politiche migliori per questo scopo hanno lavorato ed hanno portato Milano ad un passo dalla vittoria, certo non alla sconfitta. Anche se, a dirla proprio tutta, forse non abbiamo “non vinto” nell’urna, ma abbiamo “non vinto” nel non riuscire a convincere più Paesi della bontà della scelta di Milano. Ma siamo comunque arrivati in finale, e nessuno è stato preferito a noi, questo va detto.
E se nessuno è stato preferito a noi vuol dire che è arrivata una nuova conferma della credibilità conquistata dall’Italia in Europa. E’ vero, ci sono Paesi che contano più di noi, ma questo è un discorso di più lunga lena. Quello che va detto è che l’Italia è considerata un partner credibile in grado di esprimere candidature credibili. Alcune di successo, pensiamo a Mario Draghi, Antonio Tajani, Federica Mogherini, i numerosi direttori generali che abbiamo in Commissione europea e anche Milano è stata una candidatura credibile che non ha perso se non di fronte alla sorte.
Quello adottato per la candidatura all’Ema è uno schema che nel Parlamento europeo i partiti italiani, adottano da molti anni. Non è vero che sono sempre tutti divisi. Lo sono su istanze generali, europee, ideali, ma quando è in gioco un interesse precipuamente italiano è quasi normale che i deputati italiani votino compattamente. Non tutti, certo, ma la larga maggioranza.
Questo sistema è stato applicato anche per l’Ema, questo sistema può reggere anche in futuro per altre evenienze, come in realtà spesso accade, con il governo che sostiene le regioni. Ecco, questa cosa, questa capacità dell’Italia di operare in maniera sinergica, compatta, andrebbe valorizzata, riconosciuta e sempre più praticata. Lasciando da una parte le polemiche che spesso nascondono le cose buone in nome della pura propaganda politica di “scaricabarile”.