Bruxelles – I Paradise papers “devono diventare l’inferno dei truffatori fiscali”. Dopo lo scoppio dell’ennesimo scandalo legato a una inchiesta internazionale sui paradisi fiscali i socialisti del Parlamento europeo, così come altri gruppi politici, chiedono una forte stretta legislativa. “Dopo le rivelazioni dei LuxLeaks e dei Panama Papers abbiamo un’altro squarcio nell’universo parallelo dell’evasione fiscale”, un mondo che ha “le proprie leggi che vanno a vantaggio dei pochi e a danno dei molti”, afferma il socialista Peter Simon che chiede di “porre fine al business model dei paradisi fiscali”.
I Paradise papers sono 13,4 milioni di documenti riservati scoperti grazie alla nuova indagine curata dal Consorzio di giornalisti investigativi (Ijc), rete internazionale di cronisti di inchiesta già vincitrice del Premio Pulitzer 2017. L’inchiesta si basa su due importanti studi di creazioni di società offshore: Appleby e Asiaciti Trust. I file hanno svelato che tra i proprietari di vere e proprie casseforti finanziarie in nazioni ‘tax free’ ci sono personaggi del calibro della Regina Elisabetta, la regina di Giordania Nūr al-Ḥusayn, il segretario al Commercio statunitense Wilbur Ross, il ministro dell’Economia canadese Bill Morneau, il cofondatore di Microsoft Paul Allen, ma anche i cantanti Bono Vox e Madonna. Sotto torchio dei giornalisti anche Twitter e Facebook, in quanto nei documenti sono rendicontati gli investimenti di società energetiche e banche statali russe, che hanno investito moltissimo nei due social durante la campagna elettorale per le presidenziali americane.
“I Paradise papers dimostrano una grande mancanza di responsabilità organizzata su larga scala”, ha dichiarato Burkhard Balz, popolare e membro della commissione di inchiesta del Parlamento Ue sui Panama papers, su cui l’Aula voterà la risoluzione finale proprio la prossima settimana.
Il Ppe preme per la creazione di due liste nere in cui siano registrati tutti i paradisi fiscali e altri luoghi dove è possibile riciclare denaro. “Dobbiamo assicurarci che le liste nere siano dotate di criteri oggettivi, con sanzioni che spingano i paesi elencati ad uscire dall’elenco”, ha commentato un altro popolare, Dariusz Rosati, secondo cui “l’obiettivo di tali elenchi non è quello di punire, ma di cambiare il comportamento di tali giurisdizioni e di prevenire la frode fiscale” . Il Ppe chiede un lavoro di accelerazione sul progetto delle due liste nere che includano paradisi fiscali e luoghi usati per il riciclaggio di denaro.
“I paradisi fiscali di alcuni sono l’inferno di tutti gli altri”, ha attaccato Eva Jolie dei Verdi sottolineando che “l’Unione europea, come più grande mercato del mondo, ha i mezzi per isolare i paesi criminali”. “Il Regno Unito e i suoi territori offshore sono al centro di questo sistema. Non è quindi una sorpresa che negli anni dell’Ue il governo britannico abbia rallentato la lotta contro l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro e si oppose alla creazione di una blacklist comprendente tutti i paradisi fiscali europei”, ha attaccato Jolie chiedendo all’Ue di “essere ferma nei negoziati di Brexit: nessun accesso al Mercato unico europeo per il Regno unito, se continua ad agire come paradiso fiscale a portata di mano”.
Si tratta di “rivelazioni di portata potenzialmente maggiore rispetto ai documenti di Panama” – dicono il leader di Possibile Pippo Civati e l’eurodeputata del suo partito Elly Schlein, anche lei membra della Commissione di inchiesta sui Panama papers, ” che testimoniano quanto sosteniamo da tempo: la battaglia contro evasione ed elusione fiscale va condotta a livello globale, creando un intergovernativo organismo all’interno dell’ Ue, per mettere al tavolo tutti gli Stati coinvolti, partendo da quelli più poveri che sono i più colpiti “.
I Paradise Papers arrivano 3 settimane dopo la morte di Daphne Carana Galizia, giornalista maltese uccisa con un ‘autobomba davanti la sua casa il 15 ottobre scorso. Galizia faceva parte dell’Icj, e aveva contribuito ai Panama papers fornendo i nomi di figure del governo della Valletta in possesso di conti in paradisi fiscali.