Bruxelles – Non è stata la volontà di chiedere asilo politico al Belgio, ma solo quella di poter continuare ad agire in libertà e sicurezza a spingere Carles Puigdemont a fuggire a Bruxelles, “in quanto capitale dell’Europa non in quanto Belgio” ha precisato. Dopo una giornata di inseguimenti il presidente destituito della Catalogna ha incontrato la stampa internazionale al Brussels Press Club. “Non sono qui per chiedere asilo politico, ma per lavorare in tranquillità e sicurezza”, ha dichiarato Puigdemont per spiegare la sua ‘fuga’ dalla Catalogna dopo che il governo spagnolo ha di fatto commissariato la regione con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione. “Siamo cittadini europei”, e per questo “possiamo circolare liberamente”, ha affermato.
“Non dobbiamo nasconderci. Ci stiamo comportando nella maniera più normale e tranquilla qui”, ha aggiunto garantendo che “se ci fossero garanzie immediate di un trattamento equo, se potessero garantire un processo giusto e indipendente con la separazione dei poteri, allora torneremmo immediatamente in Catalogna”. A chi gli chiedeva quanto resterà nella capitale belga ha risposto: “Dipende dalle circostanze”, perché le “garanzie immediate” di un processo equo, al momento “non si percepiscono dal comportamento dello Stato spagnolo”. Se però il processo fosse giusto allora l’ex presidente sarebbe “pronto ad andare in prigione per 30 anni se questo fosse il risultato” finale del procedimento giudiziario.
“Siamo qui e vogliamo ringraziare chi sta facendo sforzi personali per la Catalogna. Lavoriamo affinché il partito popolare, quello socialista e Ciudadanos non demoliscano le istituzioni catalane e per impedire l’applicazione dell’articolo 155. Dobbiamo mantenere vivo il governo legittimo della Catalogna”, ha chiesto Puigdemont concludendo: “Sempre che non le demoliscano, ci ritroveremo alle urne”.