Roma – Gli obbiettivi di bilancio della manovra per il 2018 sono “in linea con i requisiti del Patto di stabilità e crescita”, e la differenza tra lo “sforzo fiscale dello 0,3% di Pil” indicato dal governo italiano per il 2018 e quello dello 0,2% calcolato da Bruxelles è dovuta al metodo di calcolo utilizzato. “Quanto al rischio di deviazione per gli anni 2017 e 2018, il governo ha agito pienamente in linea con le raccomandazioni della Commissione adottando misure strutturali addizionali per un valore dello 0,2% del Pil”. Questa la sostanza della lettera di risposta del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ai commissari europei Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici.
Il vicepresidente con delega all’Euro e il titolare degli Affari economici dell’esecutivo comunitario avevano scritto al titolare di Via XX Settembre venerdì scorso, chiedendo chiarimenti sulla legge di bilancio per il prossimo anno. Il ministro, con un giorno di anticipo rispetto alla scadenza indicata da Bruxelles, ha confermato la convinzione di essere nel rispetto delle regole, tenuto conto del sistema di calcolo dell’output gap – il differenziale tra crescita potenziale e crescita reale dell’economia, che la stessa Commissione riconosce si possa perfezionare come chiedono l’Italia e altri Stati membri – del contesto economico e degli oneri per l’accoglienza dei migranti (lo 0,25% del Pil) che continuano a pesare sul nostro paese “a causa della limitata cooperazione degli altri Paesi membri”.
La legge di bilancio, secondo Padoan, non necessita dunque di correzioni in senso restrittivo. Il testo, approdato oggi in Senato con 120 articoli, è invece suscettibile di modifiche in senso espansivo nel corso dell’Iter parlamentare, dove le forze politiche potrebbero cedere alla tentazione di spendere di più per cercare consenso in vista delle politiche del 2018. Ecco quindi che lo scambio epistolare, diventato ormai una consuetudine tra Roma e Bruxelles vicino alle scadenze economiche, può assumere anche un valore politico, e diventare un elemento in mano al ministro per resistere alle spinte dei partiti in Parlamento.