Bruxelles – È di 131 miliardi di euro l’apporto dei lavoratori stranieri regolari in Italia al Pil del 2016. Si tratta di circa il 9% del Prodotto interno lordo totale (1.670 miliardi), una percentuale che va oltre il Pil podotto da paesi come l’Ungheria (124,3 miliardi) o la Slovenia (44 miliardi). I migranti occupati contribuiscono positivamente al sistema previdenziale e pensionistico, secondo lo studio della Fondazione Leone Moressa, presentato a Roma, alla Farnesina, lo scorso 18 ottobre.
L’Italia ha circa cinque milioni di immigrati regolari, senza contare i 280.000 che sono arrivati sulla costa siciliana a partire dal 1 ° gennaio 2016. Nonostante un flusso quasi ininterrotto, il popolo italiano ha mostrato finora abbastanza benevolenza quando si tratta di lavoro nei confronti dei migranti. Una relazione della Fondazione italiana Leone Moressa fa luce su questa “tolleranza relativa italiana”. In primo luogo, questo studio ricorda che la Penisola “è un paese che invecchia rapidamente”, con 7 nati a fronte di 11 morti per mille abitanti. Ciò significa che senza immigrazione la popolazione diminuirà ogni anno. Inoltre, il lavoro degli stranieri “non è in concorrenza diretta con quella degli italiani, ma è complementare”, spiega il rapporto basato sui dati della Banca Mondiale e dell’Istat.
Secondo l’ economista Stefano Solari “la presenza degli immigrati rappresenta una forza lavoro divenuta indispensabile in molti settori, in quello agricolo, alberghiero, dei ristoranti e delle costruzioni”. Sono soprattutto domestici, aiutanti personali, assistenti, lavoratori agricoli, imbianchini e muratori. Gli immigrati rappresentano tra il 17% e il 18% della forza lavoro, e corrispondono solo all’8,3% della popolazione. “Tra gli immigrati, solo l’11% ha gradi universitari, mentre questa percentuale raggiunge il 31% tra i giovani italiani”.
Le imposte che pagano in Italia – 7,2 miliardi di euro nel 2016 – non sono molto elevate, in quanto solitamente ricevono bassi salari e quindi sono spesso esentati dalle tasse. Tuttavia, i loro contributi sociali, obbligatori per tutti, raggiungono 11,5 miliardi di euro, con un saldo positivo nelle casse dell’Inps. La popolazione straniera, più giovane e attiva di quella italiana, svolge una funzione di mantenimento del sistema pensionistico. Dall’altra parte, l’accoglienza e l’assistenza dei migranti pesano sui bilanci (nazionali ed europei).
Gli immigrati non sono solo casalinghe e muratori: nel 2016, 571.255 aziende sono state gestite da stranieri, con una crescita del 25,8% rispetto al 2011. Nello stesso periodo, il numero delle società italiane è diminuito del 2,7%. I lavoranti stranieri spendono gran parte dei loro redditi in Italia, ma forniscono anche importante assistenza al loro Paese d’origine. Così hanno inviato circa il 5,1 miliardi di euro nel 2016 alle loro famiglie. L’ Italia ha finanziato anche progetti per la cosiddetta ” diaspora africana” per creare posti di lavoro nei Paesi d’origine. Un esempio è Cheikh Diop che, dopo aver creato una cooperativa che produce yogurt biologico a Roma, sta per realizzare (con l’aiuto del Ministero dell’agricoltura italiano) una fattoria biologica nel suo paese natale, in Senegal.
L’Italia è anche il più grande investitore europeo in Africa con 11,6 miliardi di euro investiti nel 2016 e il terzo più grande al mondo dietro la Cina (38,4 miliardi) e gli Emirati Arabi (14,9 miliardi).