Bruxelles – La riforma del regolamento di Dublino proposta dal Parlamento europeo costituirebbe una “vera svolta” nel sistema di asilo politico in quanto si supera il criterio del primo Paese che si sostituisce con un meccanismo permanente e automatico che “presuppone che la richiesta di protezione è presentata all’Unione europea” nel suo insieme e non più a un singolo Stato. L’eurodeputata di Possibile Elly Schlein, che ha curato il testo per il gruppo socialista, fa un bilancio “molto positivo” dell’accordo raggiunto in commissione Libertà civili e chiede agli Stati membri di fare la propria parte per portare a termine questa riforma e superare l’atteggiamento “vergognoso” che fino ad ora li ha portati a trovare accordi solo quando si trattava di “esternalizzare i controlli delle nostre frontiere” a Paesi terzo come la Turchia e la Libia.
Quali sono i principali cambiamenti che proponete al sistema di Dublino?
“La vera svolta è il superamento del criterio del primo Paese che viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico. In questo modo si presuppone che la richiesta viene presentata all’Unione e non si potrà più mandare indietro, in Italia o in Grecia ad esempio, un rifugiato solo perché è arrivato in Europa attraverso uno di questi Paesi”.
Come funzionerà questo meccanismo?
“Se un richiedente asilo arriverà in Italia dovrà essere identificato negli hotspot dalle nostre autorità nazionali e i suoi dati, per questioni di sicurezza, dovranno essere confrontati con i database delle forze di sicurezza nazionale ed europee. Esattamente come avviene ora. Al nostro Paese resterà poi il compito di fare i primi controlli di ammissibilità della classica procedura di Dublino ma a quel punto, se risulterà idoneo, potrà essere trasferito in un altro Stato membro”
Come si sceglierà il Paese in cui dovrà essere trasferito?
“I primi criteri saranno quello del ricongiungimento familiare, del possesso di un visto o di un titolo di studio conseguito in uno dei Paesi Ue. In assenza di questi gli sarà proposta una scelta tra 4 Stati, tra quelli più lontani dal raggiungimento della quota stabilita in base a criteri legati a popolazione ed economia. Il Paese scelto sarà quello in cui verrà trasferito il migrante e che si dovrà fare carico dell’esame della domanda. Inoltre, grazie a un mio emendamento, si chiede che i costi di questa pre-procedura di asilo vengano sostenuti dall’Ue, e non dal Paese di primo ingresso”.
Cosa succede se un Paese si rifiuta di accettare il richiedente asilo?
“Noi chiediamo che gli vengano imposte delle sanzioni sotto la forma della perdita di una parte dei fondi comunitari che spettano a quella nazione”
Le procedure di sicurezza cosa comporteranno?
“Se nell’analisi del database dovessero emergere anche solo dei sospetti nei confronti della persona, in quel caso la sua pratica sarà esaminata in maniera prioritaria, per velocizzare la verifica e nel caso procedere rapidamente a una espulsione”
Quali sono a suo avviso altri punti importanti per l’Italia?
“Uno è, per l’Italia ma per tutti gli altri Paesi di frontiera, la procedura accelerata di ricongiungimento familiare. Al momento un minore può dover aspettare fino a 2 anni per riunirsi con la madre o un altro parente, con questa riforma basteranno sufficienti informazioni di parentela per passare direttamente l’esame della domanda al Paese in questione, senza dover aspettare la fine dell’iter”
Pensate di trovare in Plenaria l’appoggio anche dei deputati di quei Paesi, come quelli dell’Europa centrale e dell’est, che sono più contrari ai ricollocamenti?
“Con 21 sedute di negoziato e il giusto spirito di collaborazione abbiamo trovato un compromesso di altissimo livello che ha portato anche i popolari e liberali, oltre a noi, alla Gue e ai Verdi, a sostenere la riforma, con il voto anche dei colleghi polacchi. Salvo sorprese credo che anche in Plenaria si avrà una grande convergenza”
E con gli Stati in Consiglio, con loro la trattativa non sarà semplice, le resistenze al superamento del principio del primo Paese di ingresso non sono poche
“Sarà una trattativa difficile. È una vergogna che fino ad ora il Consiglio abbia trovato l’accordo solo su strategie per esternalizzare il controllo delle nostre frontiere, affidandolo alla Turchia, alla Libia e ad altri paesi africani, è un grave segnale di allarme. Noi stiamo alzando di molto l’asticella e li sfideremo su questo terremo. Come Parlamento europeo abbiamo avuto l’ambizione di portare al tavolo delle trattative una posizione molto forte dimostrando che almeno una delle tre istituzioni si fa carico della questione affrontandola come una questione europea che deve essere affrontata con la condivisione della responsabilità. La cosa paradossale che in questo non c’è niente di nuovo perché già i trattati parlano di solidarietà e condivisione della responsabilità, e non di ‘giusto compromesso tra responsabilità e solidarietà’, come dicono spesso al Consiglio”.