Bruxelles – La solidarietà non c’è, “è una solidarietà ipocrita” che non cambierà molto in quanto i Paesi di primo ingresso continueranno a dover pagare il maggior onere delle gestione del fenomeno migratorio. “Non ci sono ancora mai state proposte vere”, e si procede lungo una strada finora penalizzante per l’Italia. E’ questo il giudizio di Laura Ferrara al progetto di mandato negoziale per le modifiche del regolamento di Dublino, il testo che regola il sistema unico di asilo nell’Ue. La vicepresidente della commissione Giuridica in Parlamento europeo e responsabile del testo per il gruppo di cui il Movimento 5 Stelle fa parte, l’Efdd, spiega in un’intervista a Eunews le ragioni del “no” pentastellato alla proposta approvata dalla commissione Libertà civili.
Perché avete votato contro? Si dice che il Paese di primo arrivo non sarà più automaticamente responsabile per i richiedenti asilo. Il testo sembra essere positivo per l’Italia. Cosa non vi convince?
Evidentemente può sembrare migliorativo, ma in realtà si scarica tutto sui Paesi di primo ingresso. Viene tutto svilito dall’introduzione due procedure, quella di registrazione delle domande e quella sull’ammissibilità. E’ questo che non ci convince. Con queste due procedure nel Paese di primo ingresso va verificato se chi arriva è potenzialmente pericoloso, e nel caso dovesse esserlo poi resta nel Paese di primo ingresso. Allo stesso modo se la richiesta di asilo non è ammissibile, allora i migranti non vengono ricollocati tra Paesi Ue e restano dove sono arrivati. E tenere queste persone ferme vuol dire oneri economici.
Non sono previsti contributi economici per i rimpatri?
Si, ma la difficoltà non è solo economica, la difficoltà è legata all’assenza di accordi bilaterali. A oggi ci sono solo quattro accordi bilaterali di rimpatrio, e le ambasciate non riconoscono i migranti.
L’agenda della Commissione prevede accordi di rimpatrio con l’Africa. Può aiutare?
L’ideale sarebbe che gli accordi di rimpatrio e ritorno volontario fossero a livello europeo, perché se penso ai ritorni volontari altrimenti il rischio è di avere movimenti interni con i migranti che vanno nel Paese che offre di più per essere rimpatriato. Con accordi europei invece c’è garanzia di uniformità.
Tornando al voto di oggi, il meccanismo mi sembra quello alla base del piano di ricollocamento della Commissione…
Assolutamente sì. E’ il primo ‘do ut des’ che abbiamo visto con la crisi migratoria. Si chiede di creare hotspot, di fare le registrazioni, e in cambio ci si fa carico di migranti. Questo principio adesso lo troviamo consolidato dentro il regolamento di Dublino.
Un principio che però non piace ad alcuni Stati membri, soprattutto ad est. Un errore procedere con qualcosa che non piace o è l’unica possibilità?
Il problema è che in Europa non si è mai parlato di risolvere il problema alla radice. Abbiamo Dublino, ma ad oggi non c’è mai stata la volontà di parlare delle vie legali dell’immigrazione. Per l’Italia l’alternativa è creare vie di fuga al passaggio obbligato per i Paesi di primo ingresso introdotto con questi filtri.
Quali sono queste vie?
Prendiamo i migranti economici. Oggi possono venire in Europa solo quelli altamente qualificati, quando sappiamo che tutta una serie di lavori ‘umili’ e faticolsi, come badanti o braccianti, sono svolti da persone provenienti da Paesi terzi. Va trovato il modo di metterli in regola.
Ma la riforma del mercato del lavoro non è competenza degli Stati?
Non necessariamente. Penso alle questioni di scambio, penso alle blue card, che oggi sono concesse solo ai lavoratori altamente qualificati.
Vorrebbe estenderla anche a quelli meno qualificati?
Si
L’Italia può davvero ambire a qualcosa di più? Appare davvero isolata su questo tema…
Ora la palla passa nelle mani del governo in sede di trilogo. L’Italia avrà la possibilità di farcela adesso che si andrà a negoziare, e lì dovrà fare di tutto. E’ auspicabile che questo testo possa essere migliorato, altrimenti ci terremo tutti gli oneri e il contentino economico.