Bruxelles – Niente battute (o almeno non troppe) e niente insulti. Nessuno scheletro nell’armadio da tenere nascosto, nessuna catastrofe di cui essere accusato. Silvio Berlusconi torna in Europa dopo cinque anni di assenza e ci tiene a dare l’immagine di un politico serio e autorevole, lontano dall’istrionico presidente del Consiglio che in passato ha creato non pochi imbarazzi nei popolari europei. Merito forse di “un’estate monacale” o dello sport “che ora pratico tanto, corsa e nuoto, la mattina soprattutto” racconta. Occhi attenti, mano destra tremolante in tasca, Berlusconi, arrivando al vertice dei leader del Ppe, parla con tono pacato e sereno. È informato sulla situazione politica, italiana e internazionale, e dice la sua su tutto. “Sul caso Visco, la Bankitalia non ha svolto quel controllo che sarebbe servito; non si può andare a votare con una legge elettorale fatta dai giudici; c’è troppa disoccupazione”. Poi ancora: “Ho seguito la situazione in Catalogna. Io non avrei mandato la Guardia Civil ma ormai quello che è fatto è fatto. Ora, però, bisogna dialogare e assicurarsi che la legge venga rispettata”.
Berlusconi è contento di essere di nuovo a Bruxelles, terminate le discussioni con gli altri leader organizza un incontro con la stampa al Parlamento europeo. “In questi miei anni di assenza la situazione è cambiata, i politici sono cambiati, ma al vertice ho incontrato vecchi amici come Viktor Orban (che è però uno dei leader che più imbarazza il Ppe, ndr), mi ha fatto piacere”.
La sua soddisfazione più grande è che adesso il suo fedelissimo Antonio Tajani è diventato il presidente del Parlamento europeo. “È cosi bello che l’Italia abbia un suo cittadino nella posizione più importante delle istituzioni Ue e Antonio non ha sbagliato un colpo. Vedo con quanto rispetto, con quanta considerazione si rivolgono a lui”, dice riferendosi all’uomo che proprio lui fece diventare commissario europeo, dando nuovo impulso alla sua già ben avviata carriera politica a Bruxelles. Il cavaliere esclude che Tajani torni in Italia, almeno nel breve termine. “Ora svolge questo ruolo e immagino che vorrà continuare a farlo anche perché è molto capace, ha delle visioni, basta vedere Dublino”. Il riferimento è al regolamento del 2003 che, dopo il via libera della Commissione libertà civili del Parlamento europeo, potrebbe essere modificato in modo da non obbligare più il migrante a fare richiesta d’asilo nel paese di primo ingresso.
Berlusconi sa che molti Paesi in Europa hanno una politica restrittiva sui rifugiati ma si mostra ottimista. “Il mio amico Orban, che è pure milanista, non è d’accordo sulla redistribuzione dei migranti che dovrebbe avvenire o in base al numero degli abitanti o al Pil di ogni Stato membro. Però potremmo proporre all’Ungheria e agli altri che non accettano le quote, di contribuire alle spese economiche”, dice con tono da vero statista, anche se intervallato dalla parentesi calcistica. Poi, rivendicando un ruolo da politico di calibro internazionale esclama: “Certo è che la nostra gestione dei migranti, gli accordi che abbiamo fatto con Gheddafi erano migliori, se non altro gli arrivi erano 4.000 in un anno e non in un weekend”.
Il cavaliere, ormai responsabile, non ha nessuna intenzione di criticare l’Unione europea, “un progetto che ci ha garantito pace e frontiere aperte per oltre settant’anni”. Il suo obiettivo, oggi, è soprattutto quello di proporsi come un’alternativa ai partiti euroscettici. Guarda caso, il suo discorso è tutto un sì ai progetti dei 28, unione fiscale e difesa comune in primis. Dice che li sosterrà, se andrà al governo, insieme a Fratelli d’Italia e Lega “perché nessuno, nemmeno Salvini, vuole davvero uscire dall’euro”, anche se il segretario del Carroccio così continua a ripetere. Col Pd, invece, non è possibile lavorare. “La nostra storia è troppo diversa, non potremmo andare d’accordo”, spiega. Se nel suo discorso c’è spazio per i nemici storici, lo stesso non si può dire per Angelino Alfano, anche lui al summit del Ppe, con cui però non si è scambiato nemmeno una parola. Berlusconi glissa la domanda su una grande alleanza del centro destra con in suo ex delfino e ora ministro degli Esteri di un governo di cui lui è all’opposizione. Fa una smorfia triste, abbassa gli occhi e se ne va. Silenzio stampa anche su Vincent Bollorè, ex amico e socio d’affari, col quale sembrerebbe non avere più rapporti dopo la scalata record su Mediaset.
Il Cavaliere ha ancora dei punti deboli ma è ottimista riguardo le sue possibilità. Si sente ancora molto simpatico, e quando racconta aneddoti (per niente spinti però) tutti ridono. “Vi auguro di arrivare alla mia età con il mio fisico e la mia testa”, dice ai giornalisti chiudendo la conferenza stampa nella sala Politkovskaja del Parlamento. Lui, lì da solo non ci potrebbe neanche stare. L’Aula è riservata ai deputati europei e quando il sempre attento decano dei giornalisti italiani a Bruxelles Lorenzo Consoli di AskaNews lo fa notare, l’eurodeputata Elisabetta Gardini deve correre in suo soccorso e andarsi a sedere accanto a lui.
Terminata la conferenza l’ex cav va all’aeroporto per tornare a Milano. Se fosse rimasto i giornalisti, come avveniva ai “bei tempi” in cui guidava il governo, sarebbero stati costretti anche ad appostarsi per tutta la notte fuori dal suo albergo. In attesa di qualche ‘olgettina’ o di rumors su qualche festa fuori dalle righe. Ma probabilmente oggi non sarebbe più necessario, oramai ha messo la testa a posto, fa sport, corre. Soprattutto la mattina.