Bruxelles – In Consiglio i ministri si vedono tanto e decidono meno del previsto, mentre i leader si riuniscono poco e spesso riescono a sbloccare l’impasse. Se l’attuale processo decisionale non funziona allora meglio cambiarlo, portando capi di Stato e di governo a vedersi di più per velocizzare l’avanzamento dell’Ue. E’ questo il ragionamento dietro il documento programmatico di Donald Tusk, inviato ai presidenti e ai primi ministri degli Stati membri alla vigilia del vertice dei leader. In un documento di 4 pagine molto schematiche dal titolo ‘l’agenda dei leader’, il presidente del Consiglio europeo ha voluto modificare l’ordine del giorno di tutti i prossimi appuntamenti al più alto livello politico, aggiungendo in corsivo punti all’agenda dei lavori. Ciò con la dichiarata volontà di far tenere, tra occasioni formali e informali, veri e propri vertici dei leader degli Stati membri con cadenza regolare e continua, praticamente mensile.
A Bruxelles Tusk si è reso conto che ci sono alcuni temi che richiederebbero decisioni urgenti ma che, per la loro natura ‘delicata’, finiscono con l’arenarsi. “Quando c’è progresso insufficiente a livello ministeriale su certe cose, si porta la questione a livello di leader”. E’ questo il ragionamento alla base dell’iniziativa di Tusk, spiegano fonti Ue. La convinzione è che i leader possano sbloccare la situazione laddove i ministri invece non sanno andare oltre l’impasse, e questo è un modello che si intende seguire, anche a costo di ricorrere sempre più spesso alla cooperazione rafforzata, cioè l’adozione di provvedimenti a livello non di 28 ma di una parte di loro.
Ecco quindi che il summit sociale di Goteborg (27 novembre) dovrà essere usato per discutere istruzione e cultura, il vertice del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre per affrontare il tema dell’immigrazione, il meeting informale del 23 febbraio 2018 per discutere la proposta di liste elettorali europee transnazionali, il vertice del Consiglio europeo di marzo per affrontare il tema della digitalizzazione, e così via. Da qui al 2019 ogni occasione d’incontro deve essere buona per trasformarla in ‘vertice’. L’idea non dispiace alle capitali, dove comunque permane dello scetticismo. Si teme che le questioni sensibili restino tali, e quindi temi come immigrazione, web tax o unione economica e monetaria possano restare oggetto di impasse anche dopo la discussione a livello di leader.
Un simile modo di procedere però rafforza la natura decisionale del Consiglio, ampliando il solco con la Commissione europea e con il Parlamento, che rischia di essere informato a giochi fatti. A Bruxelles si riconosce che questa ‘agenda dei leader’ “è di fatto un processo intergovernativo, che peraltro è una tendenza molto consolidata” per il processo decisionale. “La Commissione sarà sempre parte dell’esercizio per smuovere i grandi temi, ma il timone è nelle mani del Consiglio”. La fine del sogno degli Stati Uniti d’Europa.