Bruxelles – Il governo catalano non si accontenterà di una Spagna federale. Vuole l’indipendenza e non è disposto a scendere a compromessi. “Se il premier Mariano Rajoy accetterà il nostro invito a dialogare, parleremo di secessione, negozieremo su questo, su che altro sennò?”, ha detto il ministro regionale degli esteri Raul Romeva in un incontro coi giornalisti a Bruxelles. “Due milioni e 300mila persone vogliono questo, hanno votato per questo. Dobbiamo ascoltarle”.
Il problema, secondo Romeva, in sé per sé non l’indipendenza di una regione, che nel caso della Scozia a suo avviso “sarebbe stata accettata senza alcun problema” se al referendum avesse vinto il sì. Lo stesso vale per la “legge che non dovrebbe mai ostacolare questo processo naturale ed è stata più volte violata otto volte anche dal governo centrale”, ha detto il ministro citando, tra l’altro, la “chiusura di più di 200 siti web pro-referendum”. “L’unico problema è il comportamento di Madrid che sa rispondere solo con le minacce e la repressione e non ha la volontà politica di sedersi ad un tavolo”, accusa. “Per anni e anni abbiamo chiesto una soluzione politica, abbiamo manifestato pacificamente e non ci hanno ascoltato. Anche oggi continuano a non farlo”.
Romeva non sa dire quale possa essere la soluzione arrivati a questo punto e non ha voluto svelare cosa risponderà a Madrid il capo dell’esecutivo Carles Puigdemont, messo di fronte a una nuova richiesta di chiarimenti sull’indipendenza. Il ministro catalano degli esteri esclude però, la possibilità di andare ad elezioni anticipate. “Di sicuro noi non ci dimetteremo”, chiarisce. “Le persone hanno votato per l’indipendenza nel referendum del primo ottobre, e ancora prima, nel 2015, ci hanno scelto sulla base del nostro programma indipendentista”. Al tempo stesso, Romeva non garantisce di restare al suo posto. Sa che c’è il rischio che Madrid invochi l’articolo 155 e commissari le istituzioni governative catalane già giovedì 19 ottobre. “Mi potrebbero rimuovere dal mio incarico o mettere in carcere come alcuni miei colleghi”, ha detto ricordando l’arresto di più di venti funzionari catalani alla vigilia del referendum e la custodia cautelare disposta nei confronti di Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, i presidenti delle due maggiori associazioni indipendentiste catalane, indagati per sedizione. Secondo Romeva “i due Jordi”, come li chiamano in Spagna, “sono prigionieri politici, innocenti che sono stati incarcerati solo sulla base delle loro idee politiche” e “questo è vergognoso, soprattutto oggi che in Spagna si può essere franchisti senza nessun problema”.