Roma – Brexit, futura sede dell’Agenzia europea per il farmaco (Ema), migranti, difesa comune, web tax, integrazione a più velocità, governance economica e perfino un attacco alla Bce sulle proposte dell’organismo di vigilanza unica riguardo ai crediti deteriorati (Npl): è un discorso che va anche al di là degli argomenti all’ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo, quello che Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio, fa davanti al Parlamento in vista del Vertice di domani e dopodomani.
Sul tema della Brexit il premier si sofferma alla fine del suo intervento, segno che sul principale tema in agenda non ci sarà molto da dibattere, e la posizione italiana è in linea con quella di Bruxelles: niente trattative sul futuro senza progressi sugli impegni finanziari di Londra nei confronti dell’Ue, sui diritti dei cittadini e sul confine di terra tra Irlanda e Irlanda del Nord. “Pur comprendendo tutte le difficoltà interne che il referendum Brexit ha causato, e che sono enormi”, premette Gentiloni riferendo di aver “parlato ieri” con l’omologa britannica Theresa May, “per passare a discutere sugli assetti futuri, magari anche già nel Consiglio europeo di dicembre, abbiamo bisogno di fare passi in avanti sui tre dossier in discussione oggi”.
Sull’altra questione legata alla Brexit, il trasferimento da Londra dell’Agenzia europea per il farmaco (Ema) e di quella bancaria (Eba), il titolare dell’esecutivo annuncia che al Vertice se ne discuterà “di sfuggita, perché le votazioni e le decisioni spettano ad altri organismi dell’Ue”, ma ci tiene a sottolineare come quella di Milano a ospitare l’Ema siua una “candidatura che nei dossier della stessa Agenzia e della Commissione europea risulta tra le due o tre migliori”. Il capoluogo meneghino ha buone possibilità, dunque, anche se “non sarà una competizione facile” con le altre due o tre rivali che a suo avviso sono in grado di contendere l’assegnazione.
Parlando alla Camera dei deputati – nel pomeriggio replicherà l’intervento anche al Senato – l’inquilino di Palazzo Chigi ribadisce nell’incipit del suo intervento che l’esecutivo sta “decisamente dalla parte di chi promuove maggiori livelli di integrazione europea. Questa è sempre stata la posizione dei governi italiani e noi oggi la confermiamo senza alcuna esitazione”. Quindi rivolge ai partner europei un monito: “Non possiamo passare da una sorta di tempesta perfetta che sembrava aver investito l’Ue”, con l’esito del referendum Brexit e l’avanzata delle forze nazionaliste, a una fase di “occasioni perdute”, in cui ci si rassegni “all’idea che si va avanti con quello che c’è, alla velocità dettata dagli ultimi vagoni del treno europeo”. Un attacco contro “quei paesi che insistono moltissimo” a non volere “alcuna ulteriore integrazione europea, perché voglio soltanto avere alcuni vantaggi” e “dall’altra parte non vogliono la condivisione di impegni, di valori e di obbiettivi comuni”.
L’integrazione deve procedere, per Gentiloni, anche a più livelli. Da questo punto di vista “si faranno certamente passi in avanti sul tema della difesa comune”, indica, sottolineando che “sono già nel comunicato finale”. Ulteriori progressi ci saranno sulla web tax, visto che “verrà dato formalmente incarico al Consiglio di esaminare le proposte della Commissione per prendere una decisione europea” in materia. La futura normativa Ue, “non esclude ma costituisce un ombrello europeo per decisioni dei singoli Parlamenti nazionali”, precisa Gentiloni lasciando intendere che se non si dovranno aspettare aspettare per forza decisioni comuni prima di prenderne a livello nazionale.
A fronte di questi avanzamenti, ammonisce però il premier, riguardo a “un impegno per un’Europa della crescita e del lavoro, i passi avanti sono invece tutti da fare”. E la discussione sul Fondo monetario europeo e sul ministro dell’Economia dell’Eurozona – pensato “non certo come un revisore dei conti che mette il naso nei bilanci nazionali” – non deve trasformarsi in “una cortina fumogena” per offuscare la vista mentre “a livello tecnico vanno avanti sempre le solite logiche, che hanno addirittura rischiato di frenare la crescita e lo sviluppo invece che incoraggiarli”. L’attacco, neanche troppo velato, è rivolto alla Bce e alla decisione, non ancora operativa, della vigilanza unica sulla gestione degli Npl da parte delle banche. Si tratta di “decidsioni non del tutto interne al percorso che la Commissione e il Parlamento europeo” hanno indicato, per Gentiloni, il quale ha “trovato molto ragionevoli le considerazioni del presidente del Parlamento europeo su questo punto”.
Dopo la Bce, a subire la strigliata di Gentiloni sono gli altri governi Ue. Il tema è quello delle migrazioni. Il premier sottolinea la riduzione degli sbarchi: “Dal 1 gennaio al 17 ottobre, l’anno scorso, gli arrivi sono stati 146mila, quest’anno sono stati 110mila”. Il merito, rivendica il capo dell’esecutivo, è degli accordi con la Libia, con le Tribù e con i Paesi confinanti, con le Ong che “collaborano”. Tuttavia, ammonisce, “non si può immaginare che i risultati straordinari ottenuti dall’Italia in questi mesi possano durare per sempre senza un impegno comune” dell’Ue. Ed è “necessario” che questo impegno “arrivi dagli stati membri oltre che dalla Commissione europea”, la quale lo ha finora assicurato e “di questo va dato atto”. L’elenco delle richieste è noto: “Abbiamo bisogno di maggiore presenza di organizzazioni umanitarie nei campi in Libia, di risorse per le comunità locali, per le autorità libiche e le organizzazioni internazionali” cui saranno affidate le attività di rimpatrio verso i paesi di origine.