Roma – Gli accordi siglati con la Libia e gli altri Paesi africani hanno prodotto un netto calo degli sbarchi di migranti sulle nostre coste. Tuttavia, “nonostante il rallentamento dei flussi, le presenze nelle strutture” di accoglienza “vedono un andamento crescente, dalle 176mila unità di fine 2016 alle oltre 193 mila di settembre 2017”. Quindi, pur “Considerando una perdurante capacità nel frenare gli arrivi di migranti, la previsione di spesa da sostenere per il prossimo anno è compresa tra 4,7 e 5 miliardi di euro”. È questa la stima indicata dall’esecutivo italiano nel Documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione Ue, che dovrà valutare il rispetto dei vincoli europei da parte della Legge di bilancio varata ieri.
Secondo il governo, “la diminuzione degli sbarchi non si riflette in una proporzionale riduzione della permanenza” nei centri di accoglienza”, e questo “anche per i limitati esiti dei piani Ue di ricollocamento”. In altre parole, è vero che arrivano meno migranti, ma quelli che già ci sono rimangono troppo a lungo anche per colpa degli altri partner europei che si rifiutano di attuare gli accordi presi. “In attesa che si concretizzi una politica europea comune”, si legge nel documento inviato a Bruxelles, “l’Italia continuerà a sostenere, quindi, un onere di oltre lo 0,25% del Pil per la gestione della frontiera esterna dell’Unione”.
Al netto degli aiuti finanziari ricevuti dall’Ue, il governo stima che a fine 2017, invece, la spesa per l’accoglienza dei migranti ammonterà a 4,3 miliardi di euro, superando di poco il valore previsionale indicato nel Documento di economia e finanza ad aprile. Un trend di crescita che sembra destinato quindi a proseguire anche il prossimo anno, a meno che alla riduzione degli arrivi non si accompagni un’accelerazione nella redistribuzione dei rifugiati e nei rimpatri di chi non ha titolo per rimanere.