Bruxelles – L’Unione europea? E’ come un pub. Si ordina da bere e si paga ciò che si è consumato. Jean-Claude Juncker prova a farla semplice riducendo, a mò di esempio, l’Ue a un qualcosa facile da comprendere anche a chi è meno pratico della materia. Il presidente della Commissione europea usa un paragone per spiegare, in un incontro con gli studenti del Lussemburgo, cosa non va nei rapporti tra Unione europea e Regno Unito, impegnati in questo momento nel delicato quanto complicato processo negoziale per il divorzio britannico. Uno dei punti nevralgici è quello degli impegni finanziari. Si tratta dei costi del divorzio. L’Ue chiede di saldare i conti, e il Regno Unito è d’accordo in principio ma non sulla quota. “Se vai al pub e ordini 28 birre, poi le devi pagare”, sentenzia Juncker.
Nel gioco delle parti Londra è il cliente che deve uscire dal pub e l’Ue il locale che serve da bere, con i gestori che presentano il conto. Un conto normale, senza sovratasse. Ma al di là di esemplificazioni utili a capire un po’ di più la situazione, “la Brexit è una questione seria”, rileva Juncker agli studenti presenti al dialogo coi cittadini di Lussemburgo. A Londra “stanno scoprendo, come stiamo scoprendo noi, problemi su problemi” nel realizzare il processo di uscita del Regno Unito dall’Ue. Data la situazione “ciò richiederà più del previsto”.
Il Regno Unito non è il solo Stato membro a cui Juncker a qualcosa da dire. Il dialogo con i cittadini è l’occasione per tornare a colpire tutti, nessuno escluso. Il lussemburghese è consapevole del ruolo che la Commissione può svolgere in un’Europa degli Stati, dove le decisioni sono prese dagli Stati stessi, insieme agli eurodeputati, sulla base delle proposte della Commissione. E’ giunto quindi il momento di ricordare che l’Europa non è una federazione, che non c’è un governo centrale. “Molti credono che l’Ue sia responsabile di tutto, ma sono gli Stati a decidere, e adesso gli Stati devono decidere”. I governi devono assumersi le proprie responsabilità, e non scaricarle sulla Commissione: ecco il messaggio politico di Juncker, che cita a esempio un caso emblematico delle disfunzioni comunitarie, quello del glifosato.
Il glifosato è una sostanza contenuta negli erbicidi utilizzati in agricoltura, la cui messa in commercio scade il 31 dicembre. Sulla natura nociva della sostanza ci sono opinioni contrastanti (l’organizzazione mondiale per la sanità lo ha ritenuto potenzialmente cancerogeno, Efsa ed Eca invece no), e gli Stati non hanno saputo ancora scegliere se proseguire con l’uso della sostanza. “Se guardiamo il glifosato, abbiamo fatto la nostra proposta”, ricorda Juncker. Si chiede di continaure a venderlo per altri 10 anni. “Ora devono decidere gli Stati. Ma accade che gli Stati non vogliano decidere, lasciando alla Commissione il compito di farlo e lamentandosi delle decisioni prese. Questa storia deve finire”.
E per il futuro, deve finire anche il ragionamento di europea a due velocità. Uniti nella diversità sì, come recita il motto dell’Ue, ma uniti. “Quello di Europa a due velocità è un concetto pericoloso”, sostiene Juncker, convinto che l’Europa “dovrebbe andare avanti insieme, a Ventisette”. Ci sono Stati membri in grado di procedere più speditamente? “Quelli che vogliono progredire di più possono farlo a livello nazionale, ma non possiamo rischiare veti o crisi per quelli che volgiono andare più veloci. Non dovremmo eliminare la possibilità di andare avanti insieme”. Purtroppo lo stare insieme è un qualcosa che appare superato, a livello concettuale e pratico. Prima la Brexit, ora la Catalogna. “Mi preoccupa molto che la vita in comunità sembri essere così difficile”.