Bruxelles – Su tre aspetti, nella Gue, c’è accordo assoluto: l’importanza di avviare un dialogo tra le parti, la necessità di ascoltare la volontà del popolo catalano e l’urgenza di condannare le violenze della polizia. “La situazione della Catalogna è molto strana ora e ci provoca una certa ansia”, ha detto la presidente di Gue Gabriele Zimmer in un incontro coi giornalisti al Parlamento europeo di Bruxelles. “Dobbiamo far sì che ci sia un dialogo, che gli indipendentisti vengano ascoltati e dobbiamo dire basta alle violenze”. Per quanto riguarda il resto, le posizioni degli europarlamentari del gruppo sono tutt’altro che omogenee, a volte persino opposte. Per capirlo, basta guardare cosa dicono sul ruolo che le istituzione europee dovrebbero avere nella crisi catalana.
Secondo Gabriel Zimmer, “l’Ue non può fungere da mediatrice perché ha sempre supportato il premier Rajoy”. Il suo compito è “semmai quello di aumentare la pressione sul governo affinché fermi l’intervento della polizia e avvii un dialogo costruttivo”, ha detto.
Di tutt’altra opinione la deputata di Esquerra Unida Marina Albiol secondo la quale l’Ue deve intervenire, soprattutto per convincere Madrid a sedersi ad un tavolo. “Bisogna forzare il dialogo, dire con chiarezza che quello che è successo il primo ottobre, ma anche nei giorni precedenti con l’arresto dei ministri e dei funzionari, è inaccettabile”, ha detto Albiol. “L’Unione deve essere fedele ai suoi cittadini, prima ancora che ai governi degli Stati membri”.
Ancora più duro è stato l’intervento di Miguel Urban di Podemos. “Le istituzioni devono prendere in considerazione l’articolo 7 dei trattati sulla sospensione della membership della Spagna o almeno avviare un’indagine sulla deriva autoritaria del Paese come sta facendo per Polonia e Ungheria”.
L’europarlamentare di Podemos ha detto che “Rajoy è il nuovo Erdogan, o se preferite, Orban del Sud Europa” per il fatto di aver scelto di “rispondere solo con i giudici, la polizia e la forza” e ha lanciato un appello affinché “i problemi politici si risolvano con la politica”. Poi ha argomentato: “Bisogna sedersi a un tavolo, pensare a delle soluzioni che però non siano astratte ma pratiche. Si può pensare a un referendum sul modello scozzese, concordato dalle parti e il governo spagnolo deve assolutamente cambiare i suoi piani e smettere di speculare sull’invocazione dell’articolo 116 o del 155”.
“Sarebbe un golpe alla democrazia”, ha ribadito Albiol che si è detta preoccupata per la “permissività e l’intolleranza di Madrid riguardo la rinascita dell’estrema destra e certe affermazioni dei politici”. A suo giudizio “la sospensione della dichiarazione di indipendenza di Puigdemont costituisce un’opportunità riguardo la gestione della crisi catalana” ma non c’è una soluzione immediata. Quello che è importante è “ascoltare la volontà dei catalani poiché esiste un diritto all’autodeterminazione, sancito anche dalle carte Onu” e vedere cosa si può fare, “valutando anche di cambiare la costituzione, che non è un testo sacro, ma serve a fare politica”.
“Questo compito spetta semmai ai cittadini”, frena Zimmer. “Noi possiamo solo ribadire che bisogna condannare la violenza e che non siamo a favore dei separatismi, ma vogliamo che il popolo catalano sia ascoltato”.