Roma – Il Senato ha approvato il disegno di Legge europea 2017 (leggi qui i contenuti), ma il governo è andato sotto su due emendamenti. Effetto della “vendetta” di Mdp. La giudicano così, dalle parti del Pd, la scelta degli ex compagni, schierati con le opposizioni a Palazzo Madama mentre l’esecutivo poneva la questione di fiducia alla Camera sulla legge elettorale. Qualche segnale di tensione si era già visto la scorsa settimana, quando i dibattito sul provvedimento che recepisce diverse norme Ue è stato rinviato per assenza del numero legale. Ieri, sull’esame di un paio di emendamenti prima e sul voto finale poi, si è prodotta la vera e propria rottura.
I bersaniani si sono schierati con le opposizioni facendo passare un emendamento sull’etichettatura dei prodotti lattiero-caseari – si impone di mettere in etichetta alcune informazioni che la versione precedente della legge prevedeva solo nei documenti di accompagnamento – e uno sulla gestione dei bacini idrici – prescrive l’obbligo per l’Autorità di bacino di pubblicare sul web i dati relativi alle analisi –. Poi hanno scelto l’astensione, che al Senato equivale a schierarsi con il no, sulla votazione finale al provvedimento, passato comunque con 118 voti a favore, grazie ancora una volta al sostegno dei senatori di Ala, cui si è aggiunta anche Forza Italia. Se anche il gruppo forzista e quello dei verdiniani si fossero astenuti invece di uscire dall’aula, il provvedimento sarebbe stato bocciato.
A tuonare contro “l’atteggiamento irresponsabile” degli ex compagni di partito è stato il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, che ha seguito il provvedimento in Aula per il governo. A suo avviso, Mdp “ha rischiato di metterci in una gravissima situazione da un punto di vista politico e giuridico in Ue, perché abbiamo rischiato infrazioni”, e “mettere a repentaglio i rapporti tra Italia e Ue per un disaccordo profondo sulla legge elettorale, come Mdp ha dichiarato, è doppia irresponsabilità”. D’accordo con Gozi, anche il presidente della commissione Politiche Ue del Senato, Vanninno Chiti, giudica “una cosa grave” che Mdp abbia voluto dare “un segnale politico sulla legge elettorale” mettendosi contro il governo su un provvedimento “che non c’entra nulla”.
In effetti era stata proprio la capogruppo del Movimento democratico e progressista a Palazzo Madama, Maria Cecilia Guerra, ad ammettere la ritorsione. “Con il voto di fiducia su una legge di competenza parlamentare (la legge elettorale, appunto, ndr) il governo impedisce ai parlamentari di discutere delle norme fondamentali per la democrazia”, e la scelta è stata presa “contro le convinzioni di una componente della maggioranza”, dunque “si è scelto scientemente di estromettere Articolo 1-Mdp dalla maggioranza”, ha denunciato la senatrice.
Il clima, in vista dei voti di fiducia che la Camera è chiamata a esprimere – si tratta di tre votazioni che si svolgeranno tra il pomeriggio di oggi e la mattinata di domani – rimane infuocato. Tuttavia, la mossa dell’esecutivo, adottata su richiesta del Pd, dovrebbe consentire alla legge di passare, non essendo più esposta esposta al fuoco dei franchi tiratori, pronti a raccogliersi nelle trincee del voto segreto.
Appare comunque scontata la bagarre in Aula. Oltre a Mdp e al resto delle sinistre, anche il Movimento 5 Stelle è sul piede di guerra e ha chiamato a raccolta i propri sostenitori, per manifestare anche in piazza il dissenso alla riforma elettorale. Riforma che la Camera si appresta a licenziare comunque, grazie a Forza Italia e Lega Nord, che non voteranno la fiducia all’esecutivo, ma sosterranno il provvedimento nella votazione finale. Salvo sorprese, dunque, il testo verrà approvato e inviato al Palazzo Madama. Lì, con numeri più ristretti, si ripresenterà il problema di mettere la legge al riparo dei mal di pancia dei parlamentari che vanno incontro all’esclusione dalle liste elettorali. Anche al Senato, quindi, il governo potrebbe optare per la fiducia. Prima però tocca vedere cosa accadrà oggi e domani a Montecitorio.