Bruxelles – La questione della Catalogna e della sua indipendenza non è priva di insidie, per la Spagna come per l’Europa. Parola di Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, che non nasconde le preoccupazioni per quanto potrebbe verificarsi. A Bruxelles per la settimana europea delle Regioni, Rossi non vede nel “micronazionalismo” la scelta migliore per rispondere alle sfide, ed esorta la Commissione europea a mediare nella delicata situazione catalana.
Cosa pensa della questione catalana?
“Sono sempre stato per un federalismo cooperativo e unitario. Le micronazioni sono risposte perdenti, facili da evocare per il consenso, ma sono risposte un po’ regressive e pericolose. Per questo dico ai miei colleghi Luca Zaia e Roberto Maroni di stare attenti”.
Quindi è preoccupato?
“Si. Micronazionalismi evocati con egoismo spesso nascondono questioni sociali che non sono state affrontate, e mi sembra che siamo di fronte a una situazione di questo tipo. Il rapporto tra governo centrale e la Catalogna, la disoccupazione, la Catalogna terra di immigrazione: di fronte a questioni irrisolte la fuga della piccola patria diventa allettante per il consenso. Tutto questo mi sembra un capolavoro che si è confezionato la destra in casa. Quando c’era la destra in Catalogna si è fatto lo statuto per l’autonomia, poi la Corte l’ha bocciato. Adesso la destra di governo centrale che interviene con azioni sopra le righe in occasione del referendum. Con Madrid che non apre al dialogo e usa la forza si rischia una guerra civile”.
Che ripercussioni ha la questione della Catalogna sull’Europa?
“L’Europa deve discutere che modello si dà. L’Unione europea degli Stati ha favorito una nazionalizzazione dell’Europa, ma questo finisce per sminuire il ruolo delle Regioni. Nel caso specifico, capisco che la Commissione europea debba rivolgersi agli Stati e quindi ai governi centrali, ma ritengo che debba svolgere un ruolo di dialogo”.
Il referendum catalano rischia di incidere su quelli italiani?
“In questo momento abbiamo bisogno di soldi, e ritengo che i quei 50-70 milioni di euro potevano essere spesi meglio. L’abolizione delle Province ha costretto le Regioni a farsi carico di funzioni e compiti prima esercitati da altri. Considerando poi che con il referendum di dicembre è stato confermato il titolo V della Costituzione senza modifiche, penso che ci si sarebbe dovuti fermare e riflettere”.