dal nostro inviato
Strasburgo – Il sovraffollamento delle carceri in Europa è un problema grave che non riguarda solo i diritti dei detenuti ad avere condizioni di vita più umane, ma comporta anche una diminuzione della possibilità di riabilitazione e aumenta il rischio di radicalizzazione. Lo afferma il Parlamento europeo in una risoluzione non legislativa votata a Strasburgo con 474 voti favorevoli, 109 contrari e 34 astensioni.
“Nella maggior parte dei Paesi dell’Ue, la società civile si è allontanata dalle carceri, la maggior parte delle quali sono vecchie e sovraffollate. È giunto il momento di adottare una concezione più umana della vita carceraria, di vietare le carceri troppo grandi, di promuovere alternative all’incarcerazione e di adeguare le istituzioni al profilo dei detenuti”, ha dichiarato la relatrice del testo, la francese Joëlle Bergeron degli euroscettici Efdd. Ricordando che si tratta di una competenza nazionale, Bergeron ha chiesto alle istituzioni comunitarie di “orientare i Paesi verso una gestione delle carceri e dei detenuti più coerente con il rispetto dei diritti umani”.
Secondo le ultime statistiche penali annuali del Consiglio d’Europa, che riguardano l’Europa intera e non solo l’Ue, il numero di persone detenute nelle carceri europee è diminuito del 6,8% tra il 2014 e il 2015, anche se il sovraffollamento delle carceri rimane un problema in 15 Paesi, tra cui l’Italia.
“La situazione rimane problematica in vari paesi, tra cui alcuni Stati membri come in particolare l’Ungheria, il Belgio, la Grecia, la Spagna, la Francia, il Portogallo e l’Italia”, sottolinea Bergeron nelle sue motivazioni ricordando che “se le carceri d’Europa sono prossime alla saturazione della loro capacità d’accoglienza, le case circondariali la superano regolarmente. Con 1.600.324 persone detenute in Europa nel 2014, cifra che include sia le persone incarcerate dopo la condanna sia quelle che si trovano in detenzione cautelare e in attesa di giudizio, ciò costituisce un vero problema umano”. Alla privazione della libertà, aggiunge la relatrice “si aggiungono troppo spesso condizioni di detenzione che configurano un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
Nel testo della risoluzione si afferma che gli Stati membri dovrebbero migliorare le condizioni nelle carceri in modo da proteggere la salute e il benessere dei detenuti e del personale, favorire la riabilitazione e ridurre il rischio di radicalizzazione. Per contribuire a prevenire la radicalizzazione, il Parlamento raccomanda tra le altre cose la formazione del personale, una intelligence carceraria, il dialogo interreligioso e l’assistenza psicologica.
Secondo i deputati, la detenzione e in particolare la carcerazione preventiva dovrebbe essere un’opzione di ultima istanza, da utilizzare solo in casi legalmente giustificati e particolarmente inadatta per alcune persone vulnerabili come i minori, gli anziani, le donne incinta e le persone che soffrono di gravi malattie o invalidità mentali e fisiche. Per i detenuti che non rappresentano un grave pericolo per la società, i deputati raccomandano poi l’adozione di pene alternative al carcere, come la detenzione domiciliare, i lavori socialmente utili o il braccialetto elettronico.
Il Parlamento sollecita per questo gli Stati membri a stanziare risorse adeguate per la ristrutturazione e l’ammodernamento delle carceri, per differenziare le regole carcerarie in funzione dei detenuti e della loro pericolosità e per fornire ai detenuti un programma bilanciato di attività e di tempo al di fuori della propria cella.
“È indispensabile affrontare il problema del sovraffollamento che, oltre a comportare spesso violazioni dei diritti umani, ostacola la finalità rieducativa della pena. Anche se la gestione dei sistemi penitenziari è di competenza esclusiva degli ordinamenti nazionali, l’Ue può e deve svolgere un ruolo di salvaguardia dei diritti fondamentali e della dignità dei detenuti, che sono innanzitutto esseri umani”, afferma Caterina Chinnici del Pd. Critico invece l’europarlamentare e vicesegretario federale della Lega Nord, Lorenzo Fontana, secondo cui “è sconcertante come l’Ue si illuda di combattere la radicalizzazione in carcere ‘evitando le discriminazioni’, ‘sviluppando misure educative’, ‘sostenendo la comunicazione a livello interreligioso’, ‘sostenendo il dialogo’ con i terroristi”. Per Fontana “se il buonismo è l’unica contromisura al terrorismo islamico, l’Europa è destinata a soccombere nella lotta all’Islam radicale”.