Bruxelles – Il prefetto spagnolo in Catalogna, Enric Millo, ha chiesto scusa alla popolazione per il comportamento della polizia durante il referendum del primo ottobre. “Ho visto le immagini e so che ci sono persone che hanno ricevuto percosse, spinte, e che c’è ancora una persona in ospedale, perciò posso solo chiedere scusa a nome degli agenti che sono intervenuti”, ha detto Millo alla tv pubblica Tv3. Alcuni degli agenti ai quali il prefetto ha fatto riferimento risultano ora indagati. L’inchiesta è stata avviata su ordine di un giudice di Barcellona, che ha accolto la denuncia del governo catalano e ha invitato la procura spagnola a “non minimizzare la gravità” dei fatti.
La notizia dell’azione penale è stata accolta con favore anche dal presidente del governo catalano Carles Puigdemon, che ha fatto domanda per intervenire martedì pomeriggio davanti al Parlamento della Catalogna. La richiesta si somma a quella presentata nei giorni scorsi dalla coalizione Catalunya Sí que es Pot, e non sarebbe motivata dalla volontà di dichiarare l’indipendenza. Il capo dell’esecutivo ha spiegato che vuole solo parlare di situazione attuale. Tuttavia, c’è chi è pronto a giurare che si tratti solo di un escamotage per raggirare la sentenza della Corte costituzionale spagnola, che ha sospeso la seduta in programma per lunedì proprio perché recava all’ordine del giorno la dichiarazione di indipendenza catalana, atto ritenuto incostituzionale.
Il dubbio che Puidgemont possa procedere alla dichiarazione unilaterale ce l’ha anche il premier spagnolo, Mariano Rajoy, che è stato invitato dall’ex capo di governo, José Maria Aznar, a utilizzare tutte le armi della Costituzione per fermare la Catalogna. “Se non si sente capace, convochi nuove elezioni”, ha detto Aznar rivolgendosi al suo collega del Partito popolare. Rajoy, però, tira dritto per la sua strada e continua a ripetere che non ci sarà nessuna trattativa finché Puigdemont non rinuncerà a dichiarare l’indipendenza. Il che, secondo l’ex presidente catalano Artur Mas, sarebbe anche saggio, poiché la Regione non è ancora pronta per una “vera secessione”.
Mentre nelle strade della Catalogna restano ancora i 6000 agenti inviati per il referendum, sui giornali si parla di un intervento pacificatore della Svizzera. Nel frattempo, pensano a mediare il cardinale di Barcellona Juan José Omella, l’abate di Montserrat Josep Maria Soler, il premier basco Inigo Urkullu, e una parte della società civile che comprende anche il Futbol club Barcellona. Si sono attivati in questo senso anche il leader socialista catalano Miquel Iceta, la sindaca di Madrid Manuela Carmena e la prima cittadina di Barcellona Ada Colau, che ha proposto un “tavolo a più livelli” sotto l’egida di Bruxelles durante un incontro con i consoli nazionali.
Jordy Ballart, invece, continua a preferire le maniere forti. Il sindaco socialista del comune di Terrassa, in Catalogna, ha infatti minacciato Pedro Sanchez, segretario del Psoe, di presentare le proprie dimissioni se Sanchez non interverrà in maniera più incisiva sulla questione catalana. Questo perchè il leader socialista ha condannato le violenze della polizia sugli elettori catalani, ma continua a sostenere il governo di Rajoy e le sue decisioni, compresa la possibilità di sospendere l’autonomia catalana, prevista dall’articolo 155 della costituzione.