Bruxelles – Non tutti i catalani vogliono l’indipendenza. Alcuni lo hanno già dimostrato, votando no al referendum sull’indipendenza di domenica primo ottobre. Altri lo faranno domenica, prendendo parte alla manifestazione contro la secessione che si svolgerà a Barcellona.
L’iniziativa, organizzata dai movimenti civici, è sostenuta sia dal partito Ciudadanos sia dai popolari di Mariano Rajoy che in Catalogna sono rappresentati da Xavier Garcia Albiol. Quest’ultimo ha esortato “tutti gli spagnoli” ad andare nella regione e a scendere in piazza insieme agli unionisti che si sono già fatti sentire ieri sera con una “cacerolada” (pentolata), organizzata in contemporanea con il discorso del presidente del governo catalano Carles Puigdemont.
Tra coloro che si oppongono all’indipendenza ci sono soprattutto gli immigrati di prima generazione. Uomini e donne, attirati dalla ricchezza e dalle opportunità di lavoro degli anni ’60 e ’70, che ora temono di perdere i diritti loro riconosciuti in quanto cittadini Ue e mal tollerano le politiche nazionaliste della Generalitat. In primis, la scelta di utilizzare il catalano come prima lingua nelle scuole, negli ospedali e nei concorsi per accedere alle istituzioni pubbliche.
Poi ci sono i catalani francesi che, a giudizio di alcuni eurodeputati spagnoli intervenuti durante la plenaria a Strasburgo,”non hanno nulla a che vedere con questo e non hanno mai dato problemi”. Infine, tutti quei cittadini che alle elezioni regionali del 2015 hanno votato per i partiti che aderiscono alla manifestazione, Ciudadanos (700.000 persone) e i popolari (350.000 persone): formazioni anti-indipendentiste che fanno parte di un fronte più ampio che comprende anche la Podemos catalana, i socialisti e altre forze, che pur avendo più ottenuto più suffragi, non sono riuscite a conquistare abbastanza seggi per governare, lasciando così il posto a Puigdemont e ai suoi colleghi. “Politici irresponsabili”, secondo il re, il governo centrale e molti cittadini spagnoli che hanno già protestato contro “il tentativo inammissibile di spezzare il Paese”.