dal nostro inviato
Strasburgo – Il rispetto per lo Stato di diritto “non è opzionale ma fondamentale”, e “se la legge non ti dà quello che vuoi puoi opporti alla legge, cambiare la legge, ma non la puoi ignorare”. Parlando alla plenaria di Strasburgo, Frans Timmermans ha provato a misurare le parole per cercare di non scontentare troppo i catalani ma ha chiaramente posizionato la Commissione europea al fianco del governo di Mariano Rajoy, seppur criticando l’eccessivo uso della forza da parte della polizia domenica.
“C’è consenso generale sul fatto che il governo della Catalogna abbia scelto di ignorare la legge quando ha organizzato il referendum”, anche se questo “non cambia il fatto che abbiamo visto tutti immagini rattristanti domenica”, con le cariche della polizia sui manifestanti e i cittadini ai seggi, ha dichiarato il primo vicepresidente della Commissione Ue parlando durante il dibattito con gli eurodeputati. “Sarò chiaro”, ha continuato Timmermans, “la violenza non risolve niente in politica, non è mai una risposta o la soluzione e non deve essere mai usata come un’arma o uno strumento”, e questo l’Ue “lo sa meglio di tutti”. Ma, ha però aggiunto, “è comunque dovere di ogni governo far rispettare lo Stato di diritto”, e questo “a volte richiede un uso proporzionato della forza”, uso “proporzionato” che domenica non c’è stato.
Il referendum, ha ribadito il vicepresidente, “dal punto di vista costituzionale non era legale”, e a nome di Bruxelles ripete che “si tratta di una questione interna alla Spagna”, però invita “tutti gli attori in campo a passare dal confronto al dialogo”. “Tutti i canali di comunicazione devono restare aperti”, e si deve “trovare una via d’uscita da questa impasse nel rispetto dell’ordine costituzionale”, e per assicurarsi che ciò avvenga, “Juncker è in contatto con Rajoy”, ha spiegato Timmermans. E proprio Rajoy, ha concluso Timmermans, “confido che saprà assicurare che la questione sia risolta in uno spirito di dialogo, nel rispetto della costituzione e dei diritti fondamentali dei cittadini”, cosa che “deve essere l’obiettivo di tutti”.
“Come la storia dell’Unione europea ci insegna, in democrazia, l’unica strada da percorrere è quella di lavorare insieme per la concordia e l’unità”, ha affermato il presidente Antonio Tajani. Anche lui ha sottolineato che “nessuno ha gradito gli eventi accaduti domenica”, ma “le decisioni unilaterali sono in contrasto con l’ordinamento giuridico europeo e sono destinate a provocare pericolose divisioni”, ha aggiunto.
Da questo Parlamento, ha concluso a sua volta, “parte un appello a sostegno di una riflessione serena e profonda, che favorisca il dialogo in Spagna, nel rispetto del quadro costituzionale, compreso lo Statuto di Autonomia della Catalogna, e che restituisca la politica alle istituzioni”.
Secondo il capogruppo dei socialisti Gianni Pittella, “una dichiarazione d’indipendenza getterebbe solo ulteriore benzina sul fuoco e un governo regionale che rappresenta meno del 50%, non può pregiudicare il futuro di un popolo interno”. L’esponente democratico ha sottolineato che “si può cambiare, ma con gli strumenti adatti, non in spregio alle leggi” e ha criticato il premier Mariano Rajoy per aver rifiutato di discutere le proposte dei socialisti spagnoli sulla questione catalana. “Non mi interessa fare polemica. Dico solo che questa crisi poteva, e doveva essere risolta diversamente e nessun democratico può compiacersi della violenza, che è il fallimento della politica”.
“Nessuno può fare lezioni di democrazia alla Spagna”, ha detto il leader dei liberali Guy Verhofstadt ricordando la costituzione del 1978 e la gestione del colpo di stato del 1981. “Ai miei amici catalani vorrei dire che non è interesse del vostro popolo portare avanti le istanze indipendentiste. La base della democrazia è la legittimità e sapete che i catalani non avrebbero partecipato al referendum, sapete che la maggior parte di loro è contro la secessione”, ha esclamato criticando la convocazione illegale che “non a caso, non prevedeva un quorum” e i risultati “che si sapevano già prima della lettura delle schede”. “In politica non bisogna vergognarsi quando si fa un compromesso”, ha concluso Verhofstadt invitando i catalani a seguire l’esempio del Belgio e a sedersi ad un tavolo con gli spagnoli.
D’accordo anche la presidente dei Verdi, Ska Keller. “Rajoy ha fallito, si è rifiutato di dialogare e ha fatto ricorso alla polizia, alle sentenze. Ma il governo deve astenersi dall’utilizzare questi strumenti e puntare sulla politica che si basa sempre sul dialogo”. Contrariamente agli altri, Keller è convinta che la questione non è interna alla Spagna e l’Ue deve perciò intervenire. “Qui entrano in gioco i diritti fondamentali. Juncker non può solo guardare, la Commissione non può volgere altrove lo sguardo, deve offrire mediazione e aiuto”.
Secondo Raymond Finch, europarlamentare di Europa delle Nazioni e Libertà, è inutile appellarsi alla Commissione e “i catalani che si aspettano un aiuto dall’Ue rimarranno delusi”. Della stessa opinione il collega di partito Marcel De Graaf secondo il quale in Europa c’è “un’ipocrisia illimitata” e gli unici ad essere accusati sono gli Stati membri che contestano le decisioni delle istituzioni e “servono all’Ue per mandare avanti la propaganda”. Duro anche Ryszard Legutko dei conservatori. “L’Ue non può essere rafforzata a colpi di procedure d’infrazione e il silenzio della commissione non aiuterà a far scomparire il problema”.
“Ho l’impressione che in alcuni discorsi, fortemente ispirati al nazionalismo, la democrazia venga utilizzata come uno strumento”, ha risposto Timmermans, “ma voglio ribadire che lo stato di diritto è importante, che il referendum di domenica non rientrava nello stato di diritto e che l’unica via per il futuro è il dialogo”.
ha contribuito Giulia Giacobini