Di Nicoletta Pirozzi (Responsabile del programma dello IAI Ue, istituzioni e politiche)
Sapevamo che il mese di settembre sarebbe stato il punto di svolta per i destini dell’Unione europea. E le aspettative non sono state tradite, almeno dal punto di vista delle intenzioni e del posizionamento dei principali attori coinvolti.
Il governo di Theresa May arranca tra divisioni interne e incertezze sul dopo-Brexit, e nell’algido discorso pronunciato a Firenze il 22 settembre la premier britannica ha proposto un periodo di attuazione che dovrebbe traghettare la Gran Bretagna verso una nuova relazione con l’Unione europea nel 2021, anche se non ha esplicitato i dettagli (attesi) della sua posizione negoziale.
Dopo la vittoria mutilata delle elezioni del 24 settembre, Angela Merkel è alle prese con un complicato negoziato per la formazione del nuovo governo tedesco, che molto probabilmente segnerà il passaggio della Cdu/Csu dalla grande coalizione con i socialisti della Spd a una coalizione ‘Giamaica’ con i liberali della Fdp e i Verdi.
A segnare il passo per il futuro dell’Ue ci hanno pensato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nel discorso sullo stato dell’Unione al Palamento europeo del 13 settembre, e il presidente francese Emmanuel Macron, nel suo intervento alla Sorbona del 26 settembre.
Juncker e Macron, orizzonti politici e temporali diversi
Gli orizzonti temporali e politici di Juncker e Macron sono diversi: se il primo guarda alla scadenza dell’attuale legislatura con le elezioni europee del giugno 2019 e avanza una serie di proposte attuabili a Trattati vigenti, il secondo si proietta nel medio-lungo periodo e propone riforme che sono in parte realizzabili solo con un cambio dei Trattati.
Anche la visione sulla governance complessiva dell’Unione diverge: il presidente della Commissione tratteggia un disegno unitario di integrazione, in cui l’euro diventa la moneta di tutta l’Unione e nuovi Paesi entrano nell’area Schengen. Invece Macron vede un’Unione a più velocità in cui i Paesi più pronti e volenterosi possano procedere in maniera più spedita lungo il cammino dell’integrazione. In ogni caso, l’afflato europeista e l’audace ottimismo dei due leader sembra aver ridato slancio all’iniziativa politica ormai avviluppata nelle policrisi europee, parlando di un’Unione “con il vento in poppa” e della possibilità di “rifondare un’Europa sovrana, unita e democratica”.
Punti di contatto e divergenze
Il rafforzamento dell’eurozona è un obiettivo comune, da raggiungere anche attraverso un ministro europeo delle Finanze, che Juncker vede coincidente con il vice-presidente della Commissione europea per gli affari economici e finanziari. Ma mentre Macron vuole un bilancio dell’eurozona separato, che richiederebbe una modifica dei Trattati, Junker lo vede come una linea di bilancio specifica del bilancio dell’Unione.
Sia Juncker che Macron puntano alla realizzazione di una difesa europea complementare alla Nato entro il 2025: la cooperazione strutturata permanente (PeSCo) e il Fondo europeo per la difesa sono gli obiettivi più a portata di mano, ma Macron va oltre, proponendo la creazione di una forza armata europea, un bilancio della difesa comune e la possibilità che gli eserciti nazionali ospitino soldati di altri Paesi.
Tra le proposte, emerge la volontà di fronteggiare la minaccia terroristica in maniera più unitaria attraverso un mandato ampio per la nuova procura europea e una maggiore cooperazione nel settore dell’intelligence, da realizzare con un rafforzamento di Europol, come detto da Juncker, oppure con la creazione di un’Accademia di Intelligence europea, come suggerito da Macron.
La riforma del sistema di asilo europeo è caldeggiata da entrambi: se Juncker insiste sulla riforma di Dublino, sul rafforzamento della Guardia costiera e di Frontiera europea e sul finanziamento di investimenti in Africa attraverso il Trust Fund, Macron punta alla creazione di un Ufficio dell’Asilo europeo, alla creazione di una Forza di polizia di frontiera europea e su una tassa sulle transazioni finanziarie per alimentare i fondi di cooperazione con i Paesi mediterranei ed africani. Entrambi sono d’accordo nell’immaginare un’Unione allargata ai Paesi dei Balcani, ma senza la Turchia.
Macron e l’obiettivo di bilanciare il rapporto con la Germania
Sia Juncker che Macron hanno menzionato la possibilità di avere liste transnazionali al Parlamento europeo, il primo esprimendo una cauta simpatia per la proposta, il secondo lanciando l’iniziativa già per il 2019. Altre proposte hanno riguardato il commercio, il clima e l’energia, l’innovazione, il mercato comune, l’Europa sociale, l’educazione e la cultura. Nonostante le parziali divergenze, dai due discorsi è emersa un’agenda ricca e ambiziosa per la riforma dell’Unione, che andrà testata sulla base dei reali e non sempre convergenti interessi degli Stati membri, a partire dalla Francia stessa.
E’ significativo che Macron abbia voluto parlare di Europa nella prestigiosa sede della Sorbona a soli due giorni dalle elezioni tedesche, riprendendo uno dei temi più caratterizzanti della sua campagna elettorale e arricchendolo di proposte concrete. Il tentativo sembra essere quello di ri-bilanciare il rapporto con l’alleato tedesco, proponendosi come leader della rinascita europea, e allo stesso tempo di compensare la caduta libera di consensi interni con un marcato profilo internazionale.
Il discorso è anche arrivato a due giorni dal vertice bilaterale italo-francese, che ha segnato un riavvicinamento tra i due paesi dopo le asprezze legate all’iniziativa francese in Libia e al dossier Fincantieri-Stx. Nella dichiarazione congiunta che ne è seguita, Francia e Italia si impegnano formalmente a potenziare il coordinamento delle loro posizioni sulle tematiche europee, a partire da quelle prioritarie individuate nel vertice. Se questa intesa si trasformi in un solido partenariato sul futuro dell’Unione e apra nuovi spazi per l’Italia nel tandem franco-tedesco è tutto da verificare.
Occorrerebbe che lo spirito europeista francese non si riveli solo una mera facciata per coprire una più classica difesa degli interessi nazionali di breve periodo. Da parte italiana, servirebbero visione lunga, elaborazione politica e costruzione delle alleanze, tutti elementi che lo stato di salute attuale dei partiti e la scadenza elettorale della primavera prossima non favoriscono.
Leggi l’articolo sul sito dell’Istituto Affari Internazionali, dove è stato originariamente pubblicato il 30 settembre 2017