Bruxelles – Sciopero generale in Catalogna per protestare contro le violenze della polizia che, nel giorno del referendum, hanno provocato quasi 900 feriti. Sono chiusi molti uffici, scuole e università. Persino la Sagrada Familia, simbolo di Barcellona, per la prima volta nella storia della Spagna, chiude le porte ai turisti. Allo sciopero hanno aderito i sindacati Cgt, Iac e Cos e, secondo la Cgt, sta ottenendo un seguito “molto elevato” in settori come trasporti, commercio, stivaggio e agricoltura.
Si è fermato anche il mondo dello sport, tra i calciatori che protestano il difensore del Barcellona Gerard Piquè che già nel giorno del referendum aveva ricordato in lacrime che “nel franchismo non si votava”, non in una democrazia. I treni sono in ritardo, alcuni voli potrebbero essere cancellati e le autorità si aspettano problemi e disagi anche nei porti del capoluogo e di tutte le altre città costiere della regione.
“Tancat per vaga general“. “Chiuso per sciopero generale”, si legge nei fogli appesi alle vetrine dei negozi, “in difesa dei diritti civili e politici”, “per denunciare la violenza esercitata dalle forze di sicurezza spagnole durante il referendum del primo ottobre”.
Lo sciopero è stato proclamato dai movimenti sociali e dalla Candidatura di Unità Popolare, un partito politico catalano di sinistra e indipendentista. I due maggiori sindacati spagnoli non lo appoggiano e anzi, hanno chiesto alla popolazione di non prendervi parte ma il loro appello sembra essere caduto nel vuoto.
Già nella giornata di ieri, 15.000 persone sono scese in strada a Barcellona per bloccare il traffico. “Le strade sono nostre”,”la violenza era la norma durante Franco”, hanno gridato i manifestanti ricordando i tempi della dittatura franchista. Qualche chilometro più in là, gli studenti hanno affollato Placa de Catalunya. Alcuni avevano cerotti in bocca e mani alzate in segno di resa. Altri, invece, hanno preferito mostrare il pugno chiuso e intonare l’inno catalano. Lo stesso hanno fatto alcuni loro coetanei a Girona, altra città catalana dove la violenza della polizia ha provocato diversi feriti durante il primo ottobre, giorno del referendum sull’indipendenza. “Lo sciopero e le manifestazioni sono la risposta migliore che possiamo dare alla polizia”, hanno esclamato gli attivisti dando la loro adesione.
Non si è unito allo stop, ma ha deciso di protestare a modo suo il proprietario di un hotel a tre stelle nel villaggio balneare di Catella, poco a Nord di Barcellona. David Coll, questo il nome dell’uomo, ha chiesto a 100 agenti della Guardia Civil che alloggiavano nella struttura di andarsene. Praticamente li ha cacciati. La notizia è riportata dal Daily Mail, secondo il quale la decisione è stata presa dopo che alcuni poliziotti hanno deciso di utilizzare i manganelli per disperdere i manifestanti che si erano radunati fuori dal complesso. Prima di questo avvenimento, molti camerieri dell’hotel si erano dati malati e i fornitori avevano smesso di portare il cibo.
Albert Rivera, leader del partito politico anti-indipendentista Ciudadanos, ha chiesto a Carles Pugdemont, presidente del governo catalano di “mettere fine a questa follia” e smetterla con questa storia della secessione. Gli ha fatto eco il ministro della giustizia spagnolo Rafael Català. “Se qualcuno prova a dichiarare l’indipendenza di parte del territorio – cosa che non è legale -, saremo costretti a fare tutto il possibile per applicare la legge”, ha detto il ministro intervenendo in Tv lunedì 2 ottobre. Ancora più dura la reazione di Rafael Herando, portavce del partito popolare. In un’intervista alla radio spagnola RNE, Hernando ha detto che “lo sciopero catalano è esclusivamente politico e Puigdemont e Junqueras stanno portando avanti una politica nazista”. Poi ha aggiunto “Cup e la sinistra repubblicana di catalogna voglioni i morti”.
Per ora, i politici catalani hanno espresso la volontà di dichiarare l’indipendenza ma non l’hanno ancora fatto. Secondo la “Legge di transitorietà”, la norma approvata a inizio settembre per avviare il distacco, il parlamento catalano deve “effettuare la dichiarazione formale, i suoi effetti e definire l’inizio del processo costituente” due giorni dopo la proclamazione dei risultati. Ciò significa che resta un giorno solo per convocare la sessione straordinaria. I movimenti sociale e il Cup la chiedono a gran voce ma Carles Puigdemont è più cauto. Se si proclamasse l’indipendenza, lui potrebbe essere sospeso e la Spagna potrebbe prendere il controllo amministrativo della Spagna. Lo sancisce la Costituzione.