Bruxelles – La campagna elettorale per il referendum sull’indipendenza della Catalogna, sospeso dal tribunale costituzionale spagnolo perché illegittimo, si chiuderà oggi alle 20 con una manifestazione a Font Màgica nel quartiere Montjuïc di Barcellona. All’evento, nato per diffondere un messaggio di unità, partecipano anche il presidente del governo catalano Carles Puigdemont e il vicepresidente Oriol Junqueras: due politici di spicco delle istanze secessioniste. Poi ci sarà il silenzio fino a domenica, giorno in cui si andrà a votare. Forse.
Il governo centrale è determinato ad impedire la consultazione in ogni modo. “Non ci sarà nessun referendum”, ha detto il ministro dell’Educazione, della Cultura e dello Sport, Inigo Mendez De Vigo al termine della riunione settimanale del Consiglio dei ministri. L’autorità centrale può contare sull’aiuto degli agenti di polizia: la Procura ne ha schierati 10.000 per recintare le scuole e far sì che gli attivisti non vadano fisicamente a votare. Anche i Mossos d’Esquadra, la polizia regionale, avrà questo compito. I vertici del corpo catalano hanno però fatto sapere che non seguiranno gli ordini se questo significherà creare ulteriore disordine. Madrid non ci crede e pensa che la minaccia sia più simbolica che altro. Nel frattempo, nelle strade di Barcellona sono arrivati i trattori: serviranno a bloccare le macchine della polizia.
“Non c’è stata violenza finora e non ci sarà”, promette Carme Forcadell, presidente del Parlamento catalano. Lei sarà una delle prime ad andare a votare, domenica. Perché “domenica si potrà votare, dalle 9 della mattina alle 8 della sera”. Lo ha promesso il ministro catalano degli esteri Raul Romeva in una conferenza stampa all’International Press and Broadcasting centre (Ipbc).
Durante l’incontro, il capo dell’esecutivo catalano Jordi Turnull ha fatto sapere che saranno aperti 6.299 seggi in 2315 collegi elettorali, 207 solo a Barcellona. Non mancano neanche schede elettorali, fogli di votazioni e urne elettorali. Queste ultime saranno contenitori di plastica traslucida, sigillati con fascette arancioni e contraddistinti dal logo catalano. Insomma, non le classiche urne ma un’alternativa alla quale gli attivisti hanno pensato dopo che la sospensione del referendum non ha permesso loro di rivolgersi ad un fornitore ufficiale. A garantire lo svolgimento della consultazione, domenica ci saranno 7.235 persone. Di loro, non si sa nulla. Il ministro degli esteri Raul Romeva e il vicepresidente Oriol Junqueras, presenti all’incontro all’Ipbc, hanno preferito mantenere ignote le loro identità, dopo che la Corte costituzionale ha inflitto una multa di 12.000 euro agli organizzatori del referendum portando alle dimissione dell’intera Sindacatura Electora, l’organo addetto all’organizzazione della consultazione.
Per ora, sono soprattutto gli studenti e i professori a difendere il “diritto” di voto dei 5.343.358 abitanti della Catalogna. Il mondo accademico ha sempre avuto un ruolo di spicco nella campagna a favore del referendum per l’indipendenza e, per questo, Madrid ha minacciato di avviare azioni legali contro la ministra catalana dell’educazione, Clara Ponsatì Obiols, accusata di non proteggere i minori. La notizia è riportata dal quotidiano spagnolo, El Mundo.
Ciò nonostante, gli indipendentisti non demordono. Il quotidiano La Vanguardia scrive che gli attivisti vogliono tenere aperte gli istituti e gli atenei adibiti a collegi elettorali tutto il weekend, per poter riuscire a votare domenica. Alcuni genitori si starebbero già preparando a un pigiama party di più giorni negli istituti dei figli con tanto di sacchi a pelo e paella gratis. Secondo gli organizzatori, sono già state raccolte 60.000 adesioni. Altre potrebbero aggiungersi presto. Nel sito escolesobertes.eu, creato a sostegno a queste iniziativa, gli interessati possono vedere le scuole aperte e unirsi agli altri partecipanti.
Nessuno sa cosa succederà domenica. Per quanto riguarda lunedì, invece, in Catalogna hanno le idee chiare. Se i voti a favore dell’indipendenza saranno più di quelli contrari, non importa quanti in totale né quanti di più, il governo dichiarerà l’indipendenza.
“Siamo in presenza di un processo di disobbedienza costituzionale”, ha detto Il portavoce del governo spagnolo Inigo Mendez de Vigo. “Carles Puigdemont dovrà rispondere davanti ai tribunali per la grave slealtà istituzionale di cui si è reso responsabile”.
L’Unione europea osserva, in silenzio.