Bruxelles – Per contrastare l’evasione fiscale delle imprese in Europa tutto dipenderà dagli Stati membri dell’Ue, i soli responsabili dell’applicazione delle nuove regole comunitarie, prima fra tutte, ma non unica, quella sullo scambio automatico di informazioni. Il commissario per la Concorrenza, Margrethe Vestager, rivendica quanto fatto finora dall’esecutivo comunitario per contrastare il fenomeno di elusione delle imposte, sulla scia dello scandalo Luxleaks. “Quando si spostano i profitti da un Paese all’altro allora si pongono dei problemi”, sottolinea Vestager, ospite dell’European policy centre (Epc) per una tavola rotonda sulla concorrenza leale. “Quando le imprese non pagano le tasse o i governi stringono accordi fiscali con le imprese (i cosiddetti ‘tax ruling’, con cui si applicano aliquote ridotte sugli utili, ndr), non si arreca un danno solo ai cittadini, si arreca un danno anche alla concorrenza”. Si creano disparità di trattamenti che “si riflettono su chi investe e lavora sull’innovazione”. Si colpisce, quindi, “il mercato”.
La Commissione ha detto stop a tutto questo. Ha aggiornato le regole sullo scambio di informazioni, rendendolo automatico e obbligatorio, per meglio garantire una tassazione diretta degli utili. Ciò vale per tutti, cittadini e imprese. Le nuove disposizioni sono entrate in vigore l’1 gennaio di quest’anno, e nello specifico tutti gli Stati membri sono tenuti a scambiare automaticamente informazioni su tutti i nuovi accordi fiscali transfrontalieri (‘tax ruling’) che stringono. Però, come sempre in questi casi, “è responsabilità dei governi applicare le regole” approvate in sede europea. Nessuna critica da parte di Vestager, solo la precisazione che l’Ue ha fatto e sta facendo ciò che gli compete e adesso tutto dipende dagli Stati membri. “So quanto è difficile far approvare un provvedimento legislativo, e so che farlo applicare è dieci volte più difficile”. Il belle viene adesso, in sostanza. Non a caso l’Antitrust comunitario, di cui Vestager è responsabile, ha intimato a l’Irlanda, Stato membro, il recupero di 13 miliardi di euro di tasse che Apple non avrebbe versato a Dublino per effetto di accordi fiscali particolari. Anche qui Vestager chiarisce: non si tratta di decisioni politiche né geo-politiche.
“Non agiamo sulla base della grandezza di un Paese, se un Paese è grande lasciamo correre se un Paese è piccolo interveniamo. No. Se abbiamo sufficiente terreno legale per avviare un’inchiesta, lo facciamo”. Poco importa se questo riguarda Irlanda o Germania, compagnie europee o extra-europee. “Quando facciamo le nostre analisi siamo neutrali”. I dossier aperti dall’Ue sembrano dimostrarlo. La Commissione europea non ha esitato a prendere posizioni forti contro giganti quali Apple e Google. Su quest’ultimo caso, per cui la Commissione contesta abuso di posizione dominante e chiede multe miliardarie. Vestager torna a sostenere la tesi dell’Antitrust comunitario: gli avvisi pubblicitari o le pagine commerciali concorrenti sono state posizionate in modo tale da distorcere la concorrenza. “Le imprese hanno delle responsabilità. Da posizioni dominanti derivano poteri, che però non vanno usati male”. Così come dall’appartenenza all’Ue derivano obblighi di rispetto fiscali. Se si varano nuove leggi contro i tax ruling. Solo che nel caso di Apple, l’Irlanda si schiera dalla parte dell’impresa e non da quella dell’Ue.