Migrazioni. Il viaggio in poesia di Eunews, oggi, riporta i versi della Divina Commedia di Dante Alighieri. Tratte dal ventiseiesimo canto dell’Inferno, le parole di Dante raccontano dell’incontro con Ulisse che racconta del viaggio intrapreso con i compagni “per l’alto mare aperto” verso le colonne d’Ercole. Ulisse esorta i compagni a partire con lui, ricordando loro che non sono stati creati per vivere come bestie ma “per seguir virtute e canoscenza”.
DANTE ALIGHIERI
Commedia, Inf. XXVI, vv. 85-142
[…]
Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cime qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: “Quando
mi dipartì da Circe, che sottrasse
me più di un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ‘l debito amore
lo qual dove Penelope far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’ì ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella campagna
piccola da la qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Marocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.
Io e’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uomo più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
“O frati”, dissi, “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto piccola vigilia
de’ nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
dei remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte e ‘l nostro tanto basso,
che non surgea fuor del marin suolo.
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ‘ntrati eravam nell’alto passo,
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avea alcuna.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”.