Berlino – Dal palco della Willy Brandt Haus, la sede di Spd a Berlino, ieri sono passate da poco le 18 quando Martin Schulz, il candidato cancelliere del partito socialdemocratico, parla ai sostenitori che lo attendono impazienti. C’è poco da festeggiare, Spd ha registrato un crollo storico attestandosi al 20,5% delle preferenze, peggior risultato dal dopoguerra. “Chiuderemo con la Große Koalition” è il leitmotiv che infiamma i socialdemocratici, e come dargli torto si potrebbe dire?
Spd ha ricoperto, negli ultimi 4 anni, il ruolo di gregario in un governo di coalizione con Cdu, il partito di Angela Merkel. Nonostante la formazione socialdemocratica sia riuscita a portare a casa dei buoni risultati, come il salario minimo e il matrimonio omosessuale, la popolazione non è riuscita a percepire questo ruolo attivo nella coalizione e ha punito lo schieramento.
I würstel sono già sul fuoco, i palloncini con la faccia di Schulz svolazzano tristi sotto una pioggia battente. I sostenitori accorsi qui per assistere il proprio leader durante lo spoglio dei voti rimangono scioccati dai primi Exit Poll e cominciano a discutere i possibili sviluppi politici di una sconfitta così amara.
“Il partito sostiene Martin, non c’è nessun dubbio. Non è sua la colpa, ma piuttosto di 4 anni di alleanza con Cdu che ci hanno lasciato all’ombra di un governo che non rappresentava i nostri interessi.” dice Simon, 53 anni. È un’opinione piuttosto comune tra i militanti che hanno ricevuto il secondo choc alla scoperta dell’ottimo risultato ottenuto da Afd, Alternativ Für Deutschland, che ha sfiorato il 13% delle preferenze.
Nel palazzo di vetro e cemento i rappresentanti di Spd si muovono nervosamente. Martin Schulz ammette la sconfitta e annuncia il ruolo futuro del partito. “Saremo all’opposizione.” La mossa è strategica, in quanto permetterà a Spd di rappresentare l’opposizione in parlamento e non lasciare questo ruolo importante agli euroscettici di Afd.
“C’è stato un distacco del partito dalla politica reale. Ci siamo dimenticati chi siamo, non siamo stati più vicini alla gente, non abbiamo potuto criticare il governo così duramente come avremmo dovuto”, sostiene Maria, 35, riferendosi al fatto che il libraio di Aquisgrana non ha mai attaccato direttamente Angela Merkel, probabilmente nell’ottica di creare una futura coalizione.
Del resto un dato storico avrebbe potuto essere un indizio per i socialdemocratici: nel 2009, alle elezioni federali Cdu si fermò al 33,8%, mentre Spd crollò al 23%. I grandi vincitori furono la Fdp, che raccolse quasi il 15% dei consensi, andando al governo, e le formazioni di Grüne e Linke, arrivarono oltre il 10%. Anche il quel caso Spd pagò quattro anni di alleanza con i Cristiano Democratici.
L’immagine che i militanti forniscono è quella di un partito che si è trasformato perdendo parte dell’elettorato più atipico. Una metamorfosi che si potrebbe paragonare a quella degli altri partiti socialdemocratici europei. Il fatto di essere in coalizione con una leader, Angela Merkel, che è riuscita a far approvare riforme progressiste e che ha fatto della Realpolitik il suo mantra, ha avuto l’effetto di far perdere a Spd anche parte del suo elettorato moderato, che ha optato per un partito molto simile nei contenuti.
La Kanzlerin è riuscita a far suoi temi di rilevanza sociale, come il salario minimo da 8,50 euro, mentre Spd è sembrata sempre di più rappresentare il ruolo di partner minoritario di coalizione, stampella del governo e non alternativa, con un progressivo appiattimento al centro.
Secondo un sondaggio Infratest, nonostante la maggioranza dei voti ad Afd siano arrivati da Cdu e ex astensionisti, Spd ha visto la migrazione di circa 500.000 elettori verso il partito populista di destra. Voti che provengono da coloro che non sono inclusi nel grande sviluppo della locomotiva d’Europa, gli esclusi dal progresso, che non hanno un lavoro o che lavorano con contratti da 450 euro mensili estremamente flessibili. Un segnale che nei luoghi più nascosti della democrazia tedesca c’è un forte desiderio di cambiamento, che ha trovato sfogo in un partito differente e ribelle, che poi sia xenofobo e nostalgico del terzo Reich è un fattore che, per alcuni, passa in secondo piano.
Tutto quello che Schulz aveva proposto era una modifica radicale di Agenda 2010, la riforma introdotta dalla stessa Spd che ha riformato completamente il welfare tedesco e ha introdotto nuove forme di precarizzazione sociale ed economica. Ma, almeno stando ai risultati elettorali, il messaggio politico non è riuscito ad entrare nella testa dei tedeschi.
Quella di Spd non è soltanto la crisi della socialdemocrazia tedesca, ma lo specchio di una più ampia crisi di quella Europea. Partiti vicini ai lavoratori che si sono distaccati dal proprio bacino elettorale appiattendosi al centro. Il risultato è ben chiaro a tutti: quando si sceglie tra un l’originale e la copia, il primo vince sempre.
Ed è così che nonostante la perdita di 8 punti percentuali, Cdu si è affermata nuovamente come primo partito. I prossimi quattro anni, per gli inquilini della Willy Brandt Haus, saranno la base per ricostruire una forza che sia capace di parlare al paese reale e riesca a mostrare un volto diverso da quello odierno. Se Martin Schulz sarà il futuro candidato cancelliere ancora non è dato saperlo, nell’ambiente si parla molto di Andrea Nahles, ex ministro del Lavoro e degli Affari sociali nel passato governo, autrice della legge sul salario minimo.