Roma – I giovani, che “sono il futuro delle nostre democrazie, non vogliono vivere di sussidi. Vogliono lavorare e accrescere le opportunità delle loro vite”. Dal Trinity college di Dublino, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, esorta i governi europei a non puntare solo sulle misure di redistribuzione della ricchezza “per riportare entro il patto sociale quelli che hanno perso la battaglia della globalizzazione”.
Erogare sussidi e sovvenzioni, secondo il numero uno della Bce, “non può essere abbastanza per i giovani”, principali vittime della lunga recessione da cui l’Europa sembra ormai uscita. “In diversi Paesi”, prosegue il presidente, “il peso della crisi è caduto in modo sproporzionato sui giovani, lasciando un’eredità di speranze fallite, di rabbia e di sfiducia nei valori della nostra società e nell’identità della nostra democrazia”.
Adesso, sottolinea ancora Draghi, “il Pil reale dell’Eurozona è in crescita da 17 trimestri consecutivi, e ciò ha permesso di creare oltre 6 milioni di posti di lavoro”. Quindi, “dopo la crisi, i governi sanno come rispondere” alle ambizioni dei giovani. Sanno “come creare un ambiente in cui le loro speranze possano avere una possibilità di successo, e dovrebbero farlo”, esorta il governatore della Bce.
L’invito è il solito che proviene dal timoniere della politica monetaria europea: bisogna fare le riforme. Perché se la crescita economica dell’Eurozona, apparentemente consolidata, ha contribuito a ridurre di 5 punti la disoccupazione giovanile – passata dal 24% del 2013 al 19% dello scorso anno – il valore rimane “ancora superiore di 4 punti percentuali” rispetto a quello registrato “all’inizio della crisi finanziaria nel 2007”.
“Il rafforzamento della ripresa nell’eurozona continuera’ a ridurre” quell’indice, assicura fiducioso Draghi. Tuttavia, “se si vogliono combattere le cause strutturali della disoccupazione giovanile” suggerisce, Bisogna intervenire con delle riforme sui mercati del lavoro. Il presidente della Bce elenca i tasselli necessari, a partire da “un grado uniforme di protezione tra i lavoratori”. Poi sono necessari degli “accordi di lavoro flessibili”, accompagnati da misure per “ridurre il costo sociale della Mobilità” e inseriti in un ambiente con “un alto grado di apertura ai mercati”. Infine, vanno messi a punto “programmi di formazione efficaci”.
Apertura commerciale e percorsi formativi per i giovani, secondo Draghi sono stati i due elementi che hanno consentito di mitigare gli effetti della crisi e di agganciare in modo più deciso la ripresa. Non a caso, sottolinea, “i Paesi che hanno il maggiore livello di apertura e che hanno saputo trarre i maggiori benefici dal mercato unico sono quelli con la disoccupazione giovanile più bassa”. Al contrario, prosegue, “la segmentazione del mercato del lavoro e un basso livello di addestramento sul campo sono fra le ragioni di persistenti alti livelli di disoccupazione giovanile in Paesi colpiti gravemente dalla recessione, come Grecia, Spagna, Italia e Portogallo”.