Bruxelles – “La società catalana è molto complessa e gli indipendentisti sono solo una parte di essa”. Questo forse non è nulla di nuovo, ma ciò che Daniele Cozzoli ha spiegato a Eunews è che, a contribuire al silenzio sull’altra parte della società catalana, composta dagli unionisti, sono, insieme, i media e la politica.
Cozzoli, professore associato all’Università Pompeu Fabra di Barcellona dove insegna storia della scienza, è in Catalogna dal 2005 e parla della “convivenza” come un modus vivendi che ha caratterizzato la storia della Spagna sin dalle sue origini: a partire da quando “arabi, ebrei e cristiani vivevano insieme nella penisola”. I fatti di ieri, tuttavia, più che di convivenza raccontano di due popoli (che poi in fin dei conti è soltanto uno) in piena rotta di collisione. Complici di ciò, racconta Cozzoli: i media e la politica.
Il sentore generale è di trovarsi a un passo dallo scoppio di una guerra civile, qualcosa a cui si arriva “quando le tensioni sociali non sono mediate dalla politica”, spiega il professore. “Non si arriverà alla guerra civile – assicura però – nessuno prenderà le armi e tornerà in montagna”. Tuttavia, è chiaro che “guardando la situazione dall’esterno, sembra che il governo centrale di Madrid stia facendo di tutto per fomentare l’indipendentismo”.
Gli schieramenti politici nel Paese, al momento, sono fondati su questo nodo “che falsa qualsiasi dibattito esistente tra destra e sinistra”, e in politica oltretutto, si sa, ognuno tira acqua al suo mulino. “Entrambe le parti hanno bisogno del conflitto per esistere – spiega il professore – Il Partito popolare, di cui è leader il primo ministro Mariano Rajoy, non riscuote successo tra l’elettorato della Catalogna, come invece succede nel resto del Paese dove ha interesse a mantenersi come prima forza politica, mentre per i partiti indipendentisti è fondamentale consolidare le loro posizioni in Catalogna”. L’interesse di entrambe le parti, dunque, sembra quello di non cedere e, anzi, di preferire il contrattacco alla mediazione, con il governo catalano “la cui unica agenda è quella dell’indipendenza” e Madrid che mobilita la forza e “cerca di bloccare tutto tramite sotterfugi”. Il risultato? “un’amplificazione delle tensioni e il rischio che anche gli unionisti catalani si mettano contro il governo centrale o, addirittura, la moltiplicazione degli indipendentisti”.
E la politica non è la sola a contribuire alla costruzione di ciò che Cozzoli definisce “una commedia destinata a proseguire”. Ad essa si aggiungono i media catalani e spagnoli, creatori di “due narrative opposte” che non fanno altro che “alimentare percezioni distorte”, spiega il professore, “portando il conflitto ad un livello superiore rispetto a quello che è nella realtà”. Ed è facile comprendere a cosa si riferisce nel momento in cui mette a confronto i titoli di apertura del quotidiano El Paìs in versione spagnola e in versione catalana: “Il primo sottolinea l’illegalità del referendum voluto dai catalani, mentre il secondo pone l’accento sulla sospensione dell’autonomia della Catalogna da parte del governo di Madrid”.
Parlando della realtà in cui vive, Cozzoli definisce i media catalani “un megafono dell’indipendentismo” e ciò che di più lo impressiona è che “tutti, in Catalogna, si informano sui siti di informazione catalani e la televisione autonoma catalana che, tuttavia, dovrebbero proporre narrative anche a favore di quelli che non vogliono l’indipendenza”: gli unionisti catalani, appunto, le cui idee non trovano apparentemente spazio nell’informazione regionale e locale. “La situazione – tiene a chiarire Cozzoli – è la stessa anche per quanto riguarda i media spagnoli” e questo porta le due parti ad avere “una percezione distorta e falsata di una realtà che tuttavia gli è molto vicina”. Ciò si comprende facilmente ritornando alle parole usate nei due titoli di El Paìs: un unico giornale che scrive in lingue diverse e racconta anche storie diverse. E qui si arriva al punto che secondo Cozzoli costituisce un “fattore chiave dello scontro tra spagnoli e catalani”: la lingua.
“La Spagna è un paese dove si parlano diverse lingue, ma ciò non è mai stato considerato una ricchezza”, e di fatti, ricorda il professore, “Bisogna spagnolizzare i bambini catalani”, affermava qualche anno fa l’ex ministro della scuola José Ignacio Wert. “Il fattore identificante qui – spiega Cozzoli – non è l’etnia, ma la lingua. “Spagnoli e catalani parlano due lingue diverse” e, ancora una volta, ciò che sembra prevalere è lo scontro visto che né gli uni né gli altri sono apparentemente disposti a cedere di fronte agli altri: “Colpisce – afferma Cozzoli – il fatto che ci siano spagnoli che sono qui da trent’anni e che hanno una conoscenza soltanto passiva del catalano, mentre gli stranieri lo imparano subito”.
Ciò su cui insiste più volte Cozzoli è chiarire che la società catalana non è composta soltanto da “catalani, figli di catalani, attaccati a tradizioni spesso inventate”, ma anche di “figli di immigrati e figli di spagnoli che si sentono spagnoli e minacciati dall’indipendentismo”. “Probabilmente – chiarisce – la maggioranza dei cittadini non voterebbe a favore dell’indipendenza, ma ciò che è chiaro è che la maggioranza di essi vuole votare, anche se il voto non determinerà la fine delle tensioni sociali e nemmeno del processo avviato dagli indipendentisti”.