Bruxelles – Come anticipato dal presidente Mario Draghi il 7 settembre, la Banca centrale europea conferma oggi la revisione al rialzo della crescita per il 2017 nell’Eurozona. Lo scrive nel bollettino mensile, nel quale si precisa che il Pil crescerà nel 2017 al 2,2 per cento dall’1,9 precedentemente stimato. Restano invece immutate le previsioni per il 2018 e 2019 rispettivamente all’1,8 e all’1,7 per cento.
La Bce conferma poi che sono “in autunno” rivedrà la sua politica monetaria, in sostanza la durata del Quantitative easing, “in un periodo successivo alla fine dell’anno”. L’inflazione ancora non ha raggiunto i livelli desiderati, ha registrato solo “un lieve aumento”, e resta in sostanza “a livelli contenuti”, e per questo “è ancora necessario un grado molto elevato di accomodamento monetario”. Anzi, forse nel prossimo anno scenderà ancora, verso l’1,2 per cento, ben lontana dall’essere “prossima ma sotto al 2 per cento”, come la vorrebbe Francoforte, rendendo dunque ancora necessario uno stimolo.
Il ruolo del lavoro degli immigrati
Il rapporto della Bce sottolinea poi che “durante la ripresa l’immigrazione ha dato un ampio contributo positivo alla popolazione in età lavorativa, riflettendo soprattutto l’afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri dell’Unione europea”. Questo “ha verosimilmente avuto un effetto considerevole sulla forza lavoro, in particolare in Germania e Italia”. Inoltre, “sebbene l’offerta di lavoro nell’area dell’euro stia continuando ad aumentare, negli ultimi dieci anni il suo tasso di crescita ha subito un rallentamento”.
Le donne
“L’aumento della forza lavoro durante la ripresa economica è stato trainato dalla partecipazione femminile”, scrivono i tecnici della Bce. Questo grazie al fatto che studiano di più. L’aumento secondo Francoforte “è riconducibile in larga parte alle divergenze esistenti fra il livello di istruzione degli uomini e quello delle donne: nella popolazione femminile in età lavorativa la percentuale di donne con un’istruzione terziaria è più elevata rispetto all’analoga percentuale fra gli uomini”.
La disoccupazione in Italia
Anche l’Italia, tra i Paesi di alta disoccupazione dell’area euro, registra negli ultimi mesi, grazie alla ripresa, un calo dell’indicatore ma non si tratta, sostiene la Bce, di una riduzione “significativa”, perché in sostanza non ancora stabilizzata come trend, come invece avviene in Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro e Slovacchia.