Bruxelles – C’è un divario nelle competenze tecnologiche, un potenziale inespresso per il rilancio economico, l’esigenza di stare al passo coi tempi, l’opportunità di creare posti di lavoro. L’industria è tutto questo, un settore sempre più complesso e al centro di sfide a cui l’Ue intende dare risposte, per quello che gli compete e per quello che può. Altre sfide attendono i governi nazionali, soprattutto sul fronte occupazionale, ed è forse questo aspetto la grande incognita del rilancio dell’industria europea. L’impulso deve essere europeo, ma poi ciascuno dovrà fare le propria parte. Per questo la strategia della Commissione europea per l’industria si configura come una scommessa. Può funzionare come no. Ma se le cose non dovessero andare, si perderanno tempo, denaro e la fiducia degli europei. L’Ue se lo può permettere? Probabilmente no, ma tant’è.
L’esecutivo comunitario intende dare seguito ad annunci e impegni espressi dal presidente Jean-Claude Juncker in occasione del discorso sullo stato dell’Unione. Tanti pacchetti, tante azioni diverse, per un programma organico i cui primi tasselli sono già stati svelati. Le misure per la sicurezza cibernetica dell’industria europea presentate e la proposta per il flusso dei dati non personali adottate il 13 settembre scorso non sono che le prime iniziative. Altre ne seguiranno, e i commissari per gli Investimenti e l’Industria, Jyrki Katainen ed Elzbieta Bienkowska, illustrano la roadmap messa a punto dal team Juncker.
Nelle prossime settimane (“in autunno”, si legge nella comunicazione), arriveranno strategie per la plastica, la modernizzazione del sistema di difesa della proprietà intellettuale, il miglioramento del regime di appalti pubblici nell’Ue, nuovi standard per la mobilità a basse emissioni di carbonio, l’ampliamento dell’agenda per le competenze. L’Ue sconta un’assenza di figure professionali sempre più richiesti, ma non disponibili. A partire dal 2018, poi, la strategia industriale dell’Ue godrà di una tavola rotonda di alto livello per confronti continui tra rappresentanti di imprese, Stati membri e istituzioni comunitarie.
Un altro di quei gruppi di cui si è perso il conto a Bruxelles. Ne esistono tanti, e se ne creano in ogni momento a seconda delle necessità. Però forse questa volta servirà più che in altri casi, perché l’industria e innovazione del settore secondario, in nome dell’innovazione, lasceranno posti di lavoro per strada. Ne è consapevole Katainen. “E’ vero, i robot sostituiranno l’uomo in certi campi”. Vuol dire perdite di posti di lavoro. L’Ue dovrà quindi trovare le risposte in tal senso, ricollocare nel mercato del lavoro chi il lavorò lo perderà in nome e per effetto del progresso tecnologico. “La nostra società sta attraversando un cambiamento, e la questione della sicurezza cibernetica ne è un esempio”, sottolinea Katainen. “Le tecnologie sono cambiate, e dobbiamo adeguarci”.
Non c’è ragione di dubitare che l’industria si adeguerà, è quello che ha sempre dimostrato di sapere fare del resto. Ma i governi saranno altrettanto abili? Nella scommessa della nuova rivoluzione industriale sono queste le grandi incognite. Gli Stati membri dovranno formare il personale mancante e ricollocare i disoccupati che si prevedono. Tutto questo ha un costo, e non tutti possono o sanno spendere, in Europa.
La Commissione mette quindi le mani avanti. “L’attuazione pratica di questa strategia olistica è una responsabilità condivisa”. Vuol dire che “il suo successo dipenderà dall’impegno e dalla cooperazione delle istituzioni dell’Ue, degli Stati membri, delle regioni e, in misura ancora maggiore, dalla partecipazione attiva dell’industria stessa”. La Commissione comunque ci prova. “Non sappiamo quanto oltre possiamo andare”, ammette Katainen, che tuttavia ci mette la faccia. Sperando di non perderla.