Bruxelles – Basta silenzio, Aung San Suu Kyi deve condannare senza mezzi termini le violenze in corso in Myanmar contro la minoranza Rohingya. A chiederlo è il Parlamento europeo che ha votato una risoluzione in cui chiede alla leader del Paese di interrompere il lungo silenzio sulla questione minacciando di revocarle il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. che le era stato assegnato nel 1990 quando era agli arresti domiciliari e da lì guidava l’opposizione democratica alla dittatura militare.
Con una risoluzione approvata in plenaria a Strasburgo, il Parlamento ha espresso “serie preoccupazioni per la crescente gravità e la portata delle violazioni dei diritti umani, inclusi omicidi, scontri violenti, abitazioni distrutte e l’esodo di centinaia di migliaia di civili” in Myanmar, ex Birmania.
Il Parlamento europeo invita le “forze militari e di sicurezza in Myanmar a cessare immediatamente le uccisioni, le molestie e gli stupri contro il popolo Rohingya e gli incendi delle loro case”. Le “autorità del Myanmar hanno il dovere di proteggere, senza discriminazione, tutti i civili dagli abusi” e devono “concedere immediatamente l’accesso a tutte le aree di conflitto e sfollati, alle organizzazioni di aiuto umanitario “, chiedono i deputati. “Il governo del Myanmar e il consigliere di Stato Aung San Suu Kyi in particolare – si legge nella risoluzione – dovrebbero condannare in modo inequivocabile tutto l’incitazione all’odio razziale o religioso e combattere la discriminazione sociale e le ostilità contro la minoranza di Rohingya “.
I rohingya appartengono a una delle minoranze più perseguitate al mondo. Sono musulmani e vivono per lo più nello stato del Rakhine: sono poco più di un milione, in un paese dove la stragrande maggioranza delle persone è buddista. In seguito alle violenze delle ultime settimane i rohingya che hanno attraversato il confine con il Bangladesh sono stati almeno 370mila. Diversi governi occidentali e alcune organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno definito quello che sta succedendo in Myanmar una “pulizia etnica”.