Bruxelles – Sconfitta per Ryanair davanti alla giustizia europea. La compagnia aerea sostiene che i suoi dipendenti, anche se formalmente e sostanzialmente basati al di fuori dall’Irlanda, Paese nel quale la società è registrata, come lo sono anche i suoi aerei, siano obbligati, per le vertenze di lavoro, a rivolgersi ai giudici di Dublino. La Corte di Giustizia dell’Ue ha invece stabilito che i lavoratori hanno la possibilità di rivolgersi alla magistratura del Paese nel quale loro sono basati come sede lavorativa (“base di servizio”), anche se fisicamente svolgono le loro mansioni a bordo di aeromobili di un altro Paese. Il magistrato nazionale dovrà dunque stabilire se la “base di servizio” è riportabile all’Irlanda o meno, caso per caso.
La questione è nata qualche tempo dopo che le aziende irlandesi Ryanair e Crewlink, società specializzata nel reclutamento e nella formazione di personale di bordo per le compagnie aeree, tra il 2009 e il 2011 avevano assunto alcuni lavoratori di cittadinanza portoghese, messi a disposizione della Ryanair, come personale di cabina (hostess di volo e steward).
Tutti i contratti di lavoro erano redatti in lingua inglese, erano disciplinati dal diritto irlandese e contenevano una clausola attributiva della competenza a favore dei giudici irlandesi. In tali contratti veniva stabilito che le prestazioni lavorative dei lavoratori interessati, in quanto personale di cabina, si consideravano effettuate in Irlanda, dato che le loro funzioni erano esercitate a bordo di aerei lì immatricolati. I contratti indicavano però l’aeroporto di Charleroi (Belgio) come “base di servizio” (“home base”) dei lavoratori, i quali lì iniziavano e terminavano la loro giornata di lavoro ed addirittura erano contrattualmente tenuti a risiedere a meno di un’ora dalla loro “base di servizio”.
Ritenendo che la Crewlink e la Ryanair fossero tenute a rispettare e ad applicare le disposizioni del diritto belga e reputando che i giudici belgi siano competenti a conoscere delle loro domande, nel 2011, sei lavoratori hanno proposto ricorso in Belgio. La Cour du travail de Mons (Corte del lavoro di Mons, Belgio), che deve verificare la propria competenza, ha deciso di interpellare la Corte di giustizia sull’interpretazione da dare, nel regolamento dell’Unione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, alla nozione di “luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività” nel contesto specifico del settore della navigazione aerea e, più particolarmente, sulla possibile equiparazione di tale nozione a quella di “base di servizio” ai sensi di un regolamento dell’Unione nel settore dell’aviazione civile.
Nella sua sentenza di oggi, la Corte ricorda anzitutto che, per quanto riguarda le controversie relative ai contratti di lavoro, “le norme europee relative alla competenza giurisdizionale perseguono lo scopo di tutelare la parte contraente più debole”, e consentono in particolare al lavoratore di citare il suo datore di lavoro dinanzi al giudice che egli considera “più vicino ai propri interessi”, riconoscendogli la legittimazione ad agire dinanzi ai giudici dello Stato membro nel quale il datore di lavoro ha il suo domicilio o dinanzi al giudice del luogo in cui il lavoratore “svolge abitualmente la propria attività”.
La Corte conferma anche il ragionamento seguito dal giudice del rinvio, il quale “aveva giustamente considerato che non fosse opponibile ai lavoratori una clausola attributiva di competenza stipulata anteriormente al sorgere delle controversie e volta ad impedire di adire i giudici che sarebbero tuttavia competenti in base alle norme europee in materia”.
Per quanto riguarda la determinazione della nozione di “luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività”, la Corte ha rinviato alla propria giurisprudenza costante secondo cui questa nozione “si riferisce al luogo nel quale, o a partire dal quale, il lavoratore di fatto adempie la parte sostanziale dei propri obblighi nei confronti del datore di lavoro”. Per determinare concretamente tale luogo, il giudice nazionale, spiega la corte, deve fare riferimento ad un insieme di indizi.
Nel settore del trasporto aereo, occorre in particolare stabilire “in quale Stato membro si trovi il luogo a partire dal quale il lavoratore effettua le sue missioni di trasporto, quello in cui ritorna dopo le sue missioni, riceve le istruzioni sulle sue missioni e organizza il suo lavoro, nonché il luogo in cui si trovano gli strumenti lavorativi”. In questo caso specifico secondo i magistrati europei “occorre anche tener conto del luogo in cui sono stazionati gli aeromobili a bordo dei quali l’attività viene svolta abitualmente”.
Secondo i giudici dell’Ue “la nozione di ‘base di servizio’ costituisce un indizio significativo al fine di determinare, in circostanze come quelle del caso di specie, il luogo a partire dal quale un lavoratore svolge abitualmente la propria attività”.
Infine, la Corte rileva che la considerazione secondo cui la nozione di “luogo nel quale o a partire dal quale il lavoratore svolge abitualmente la propria attività” non è equiparabile ad alcun’altra nozione vale altresì per quanto riguarda la “nazionalità” degli aeromobili. Pertanto, lo Stato membro a partire dal quale un membro del personale svolge abitualmente la propria attività non è neppure equiparabile al territorio dello Stato membro di cui gli aeromobili di tale compagnia aerea hanno la nazionalità.