Bruxelles – Il licenziamento collettivo non rientra sempre e comunque tra i casi eccezionali che consentono il licenziamento di una lavoratrice incinta. Spetta al giudice nazionale verificare e stabilire di volta in volta le condizioni nelle quali si configura. Lo chiede l’Avvocato generale Eleanor Sharpston nell’ambito della causa intentata dalla signora Jessica Porras Guisado ai danni della società spagnola Bankia.
Sharpston afferma che non è sufficiente indicare i motivi generali dei licenziamenti e i criteri di selezione per derogare alla Direttiva sulla maternità che tutela le lavoratrici “nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità”. Nel preavviso di licenziamento, che deve figurare per iscritto, devono piuttosto essere esplicitati i casi eccezionali non connessi alla gravidanza.
Affinché il licenziamento sia legittimo, la società deve poi assicurarsi di non poter riassegnare la lavoratrice incinta ad un’altra posizione adeguata. Ciò significa che se all’interno dell’impresa c’è un ruolo vacante o un ruolo che è occupato ma potrebbe liberarsi con il trasferimento dell’impiegato che lo ricopre, la gestante non può essere mandata a casa. Questo, nonostante la direttiva non imponga agli Stati membri di adottare disposizioni specifiche per accordare alle lavoratrici gestanti la permanenza prioritaria in un’impresa nel caso di un licenziamento collettivo.
Le conclusioni dell’Avvocato Generale non sono vincolanti per la Corte che può decidere di adeguarsi o risolvere la causa in altro modo ma di solito vengono ascoltate.