Bruxelles – Ha parlato per oltre un’ora Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, un discorso lungo a tratti visionario anche se non sempre brillante, interrotto poche volte da applausi e anche piuttosto timidi, in cui ha fatto, come di consueto, un elenco di tutte le questioni all’ordine del giorno in Europa cercando di non dimenticarne nessuna. È passato dal tema dei migranti a quella della qualità del cibo nel Paesi dei Balcani (arrivando addirittura a chiedere la stessa quantità di pesce nei bastoncini in Slovenia che c’è negli altri Paesi membri). Ma è stato quando ha parlato del “sesto scenario”, il suo “personale” da aggiungere ai 5 già contenuti nel libro bianco presentato nel marzo scorso, che il presidente della Commissione è arrivato al vero cuore della sua idea di Unione e di come riformarla, facendo delle proposte forti, anche in opposizione a quello che pensa il suo stesso gruppo politico, quello popolare.
Juncker, che ha confermato che non si candiderà più alla guida della Commissione, ha chiesto di unire le cariche di presidente della Commissione e del Consiglio europeo, di creare un ministro dell’Economia e delle Finanze Ue che sia vicepresidente dell’esecutivo comunitario e presidente dell’Eurogruppo, e di creare liste transnazionali per le prossime elezioni europee, una proposta quest’ultima apertamente avversata dai popolari, che ha promesso di provare a convincere.
“Ho vissuto tutta la mia vita per il progetto europeo, ho lavorato e lottato per esso avendo momenti positivi e negativi, ho sofferto e dubitato ma non ho mai perso l’amore per l’Europa”, ha affermato. Ma questa Europa “deve poter decidere in modo più efficace e efficiente”, e questo “vale anche per quanto riguarda il meccanismo stabilità europea, l’Esm, che dovrebbe diventare un vero e proprio Fondo monetario europeo”. Serve poi “un ministro europeo dell’Economia e delle Finanze che promuova e sostenga le riforme strutturali negli Stati membri” e che sia anche “vicepresidente della Commissione” nonché “presidente dell’Eurogruppo”. Questo “nuovo ministro”, per Juncker “dovrebbe coordinare tutti gli strumenti finanziari dell’Ue per intervenire quando uno Stato membro è in recessione o colpito da una crisi fondamentale”, e ciò donerebbe “efficienza” alla macchina europea.
La proposta più forte è stata però quella di unire le due cariche di presidente della Commissione e del Consiglio europeo. “Non lo dico contro il mio amico Donald (Tusk, ndr), con cui ho lavorato senza sosta negli ultimi tre anni – ha precisato – Non lo dico né contro di lui né contro di me. Ma l’Europa sarebbe più facile da capire se ci fosse un solo capitano a guidare la nave”. Per Juncker avere un solo presidente servirebbe a “riflettere meglio la vera natura della nostra Unione europea, sia come Unione degli Stati che come Unione dei cittadini”.
Il popolare ha anche parlato delle future elezioni europee che si terranno nel maggio 2019, a soli due mesi da quando avverrà l’uscita del Regno Unito dall’Unione. “Guardo con simpatia all’idea di liste transnazionali e cercherò di convincere il presidente del mio gruppo ad appoggiare questa proposta che aggiunge democrazia”, ha detto rivolgendosi a Manfred Weber, strenuo oppositore, come gran parte dei popolari, di questa riforma che per Juncker deve andare di pari passo con il proseguimento della prassi dello ‘Spitzenkandidaten’, il candidato unico alla presidenza della Commissione dei vari gruppi politici europei.
Nel suo discorso il capo della Commissione non ha trascurato poi gli aspetti sociali della riforma dell’Europa. “Se vogliamo evitare la frammentazione sociale e il dumping gli Stati membri dovrebbero trovare quanto prima un accordo sul pilastro europeo dei diritti sociali, al massimo al vertice di Göteborg nel mese di novembre”. I sistemi sociali nazionali “rimarranno ancora diversi e separati per molto tempo, ha riconosciuto, “ma almeno dobbiamo lavorare per un’Unione in cui ci sia una coscienza comune di ciò che è socialmente giusto”.
Non è mancato naturalmente un passaggio sulla questione migranti, nel quale Juncker ha reso omaggio all’Italia “per la sua perseveranza e generosità”, affermando che il nostro Paese nel Mediterraneo “salva l’onore dell’Europa”. Il presidente ha chiesto di “migliorare con urgenza le condizioni d migranti in Libia”, che vivono in centri di accoglienza in “condizioni disumane” e per questo, ha promesso, “agiremo di concerto con Onu per mettere fine a una situazione scandalosa che non può durare”. Nel suo intervento Juncker è stato molto morbido con i Paesi dell’est come l’Ungheria che non vogliono partecipare alla gestione comune della crisi, senza mai nominarli ha solo chiesto solidarietà, facendo capire che in cambio di questa possono ottenere qualcosa.
Niente affatto morbido è stato invece con la Turchia che “si allontana a passi da gigante dall’Ue da tempo”. “I giornalisti devono rimanere in redazione e non nelle prigioni e devono potersi esprimere liberamente”, ha tuonato facendo poi appello alla “responsabilità” di Ankara e chiedendo “di lasciare liberi i nostri giornalisti”, aggiungendo: “Non potete continuare a offendere i nostri Stati definendoli fascisti e nazisti, perché l’Europa è un continente di democrazie mature”.
Juncker ha poi aperto all’ingresso di nuovi Paesi nell’area di libera circolazione. “Se vogliamo rafforzare la protezione di nostri confini allora dobbiamo aprire rapidamente a Romania e Bulgaria lo spazio Schengen e permettere alla Croazia di entrare il prima possibile”. Parlando infine di Brexit Juncker ha detto che sarà un “momento triste e tragico”, che noi come europei “rimpiangeremo sempre”, ma che anche i britannici “rimpiangeranno presto”. La Brexit comunque “non è tutto e non è il futuro dell’Europa”, ha sentenziato, e per questo ha proposto di organizzare il giorno dopo l’uscita, il 30 marzo 2019, un summit speciale in Romania, il Paese che avrà in quel semestre la presidenza di turno dell’Ue, per ragionare subito sui passi successivi da compiere per rafforzare l’Unione.