Dal nostro inviato
Strasburgo – L’applauso più fragoroso l’ha forse preso per il suo elogio all’Italia, e l’impegno profuso dallo Stato membro sul fronte migranti. Il presidente della Commissione europea non poteva non toccare un nervo scoperto di questa Europa, che sull’immigrazione continua a muoversi in ordine sparso, e le reazioni al discorso di Jean-Claude Juncker lo confermano una volta di più. In casa Ppe, il partito europeo dello stesso Juncker, non è chiaro cosa bolla in pentola. Manfred Weber, popolare, ringrazia Juncker, approva quanto detto, ma sull’immigrazione tira dritto. “Dobbiamo controllare le frontiere, che non significa erigere muri”. Però, certo, serve sicurezza. Le intese andranno trovate. Il battagliero Gianni Pittella critica e fa autocritica, e annuncia che il suo gruppo, quello socialista, non voterà mai una riforma del sistema comune di asilo che non preveda la cancellazione del principio dell’onere per i Paesi di primo arrivo. “Discutiamo spesso di sesso degli angeli in questo Parlamento, adesso servono fatti e non finte riforme”. Sull’immigrazione Juncker trova sponde in Guy Verhofstadt, per il quale il regolamento di Dublino, la base giuridica dell’asilo comune, “non è europeo, è lo specchio dell’egoismo nazionale”. Le regole vanno riscritte, e l’Alde è pronto a lavorare in maniera costruttiva.
Al netto di divergenze su un tema da sempre divisivo come l’immigrazione, Juncker esce dall’Aula del Parlamento europeo con il consenso generale dei principali gruppi. Popolari (Ppe), Socialisti (S&D) e liberali (Alde) hanno manifestato pubblico apprezzamento per il discorso pronunciato dal presidente dell’esecutivo comunitario. “Bello”, “sobrio”, “pieno di visione”, “motivo di stimolo”, alcuni dei giudizi offerti dall’Aula. “Un grande discorso”, twitta l’Alto rappresentante dell’Ue, Federica Mogherini, al termine dell’intervento. In più di un’occasione Juncker è stato interrotto da applausi. Applausi che non sono sembrati proprio convinti, ma comunque arrivati. L’attacco contro gli anti-vaccinisti, l’invito a far entrare Romania e Bulgaria nell’area Schengen il prima possibile, l’intransigenza che va mostrata davanti alla Turchia: tutti motivi di apprezzamento. Bisognerà però vedere di quanto e quale consenso gode questa Commissione europea nel corso del prosieguo della legislatura. I Verdi non sono convinti, e Philippe Lamberts non lo nasconde. “Ho provato a mettermi nei panni dei cittadini. A Juncker ci vorrà molto per convincerci della sua volontà di rispondere realmente ai problemi dei cittadini”. Mentre i socialisti chiedono maggior pugno duro contro le multinazionali che “nascondono le tasse al fisco”.
Le critiche non hanno mai abbandonato Gli euro-critici non sono mai stati alleati di Juncker, e gli affondi di oggi non sorprendono. Dai banchi dei conservatori (Ecr) Bernd Luck elegge Juncker nuovo David Copperfield. “Vende illusioni”. Mentre tra le fila dell’Efdd, il gruppo casa del Movimento 5 Stelle, Peter Lundgren paragona il presidente dell’esecutivo comunitario al capitano del Titanic. “Guarda all’orizzonte ma non si accorge dell’iceberg che ha di fianco, e sappiamo come va a finire la storia del Titanic”. Punti di vista. Che spegne, o cerca di fare, Verhofstadt, che critica gli euroscettici di Francia, Austria, Paesi Bassi e Ungheria, che sembrano aver perso la loro scommessa anti-Ue. “Hanno cambiato idea per paura di perdere voti”. Dinamiche del dibattito politico.
Weber assicura e certifica “può contare del sostegno di questo Parlamento”, ma non era in dubbio. E’ in dubbio se il lussemburghese esca più forte di come è entrato in Plenaria, e l’impressione è che non sia così. Nel merito delle questioni, tante (qualcuno ha sostenuto che fossero anche troppe), permangono giudizi diversi, come del resto è anche naturale che sia. L’idea di liste elettorali transnazionali per il Parlamento Ue è bocciata dal gruppo di riferimento di Juncker. Ancora, nell’Europa più democratica “il Parlamento europeo deve avere centralità”, richiama Antonio Tajani, anche lui Ppe, presidente di un’istituzione che chiede quindi più poteri per contrastare il progetto di Juncker di un super-presidente unico di Commissione e Consiglio.
Per Piero Fassino, responsabile esteri del Partito democratico, è “significativo che molte delle proposte (di Juncker) coincidano con quelle avanzate da tempo dall’Italia ed è “importante che si sia ribadito che la gestione dei flussi migratori è una responsabilità europea che non può essere scaricata solo sull’Italia”. Fassino pensa che l’Europa idealista di Juncker potrebbe acquistare in protagonismo, efficacia e autorevolezza ma, affinché ciò accada, è importante passare dalle parole ai fatti.
Secondo la co-presidente dei Verdi, Monica Frassoni, il presidente Juncker ha dato prova di fede e ambizione, ma “non ha indicato nessuna svolta” e “non è riuscito a trasmettere l’idea di un piano d’azione concreto per rispondere alla mancanza di fiducia nelle capacità dell’Ue di affrontare problemi come la disoccupazione”. Il sostegno ad azioni per il clima, ha criticato Frassoni, risulta “troppo vago”, mentre per l’immigrazione “sembra chiaro che la Commissione non intraprenderà alcuna ulteriore azione per aumentare la pressione sui Paesi che rifiutano i ricollocamenti, ad eccezione di procedure di infrazione farraginose e parziali”.
E poi il super-ministro dell’economia dell’Ue, mette d’accordo nel principio, non nel ruolo che potrà avere, e riapre il dibattito su austerità-crescita. L’idea di un “gendarme”, come lo definisce Pittella, non piace ai socialisti e neppure alla Sinistra Unita, che offre forse l’immagine più sorprendente di giornata, quella di Patrick Le Hyarick (Gue) capogruppo leader senza seguito, lasciato solo, circondato da sedie vuote, nel momento del dibattito. E’ il primo giro di interventi, eppure a quanto pare tanto basta per iniziare ad abbandonare l’Aula, che nel corso del dibattito piano piano vede aumentare il numero di seggi vuoti. L’ultima volta Juncker aveva criticato l’abitudine di assentarsi, stavolta non ha fatto una piega. Ha preferito evitare di alienarsi le simpatie degli alleati che ha a Strasburgo.