Dall’inviato
Strasburgo – Un Parlamento europeo dei cittadini, con un presidente fedele a questo ruolo. Antonio Tajani mette l’istituzione comunitaria che presiede al centro della cittadinanza. La centralità è il tema del suo discorso programmatico, perché la centralità è da sempre la storia del Parlamento europeo. All’Aula riunita a Strasburgo Tajani ha finalmente rivolto il discorso che solitamente i presidenti rivolgono nel momento dell’insediamento. Un appuntamento rinviato, e che per 13 minuti ha caratterizzato i lavori dell’emiciclo, “un emiciclo dove siedono persone che vengono da ogni regione dell’Unione europea, da ogni angolo del continente, anche dalle regioni ultraperiferiche” dell’Europa. Un emiciclo dove “tutti i popoli dell’Ue sono rappresentati”, e che proprio per questo deve fare del Parlamento europeo “la cassa di risonanza delle attenzioni che chiedono i cittadini”. Questi ultimi “vanno ascoltati”, “i loro problemi vanno risolti” e il primo punto nell’agenda politica è quindi quello di tenere “tenere aperta la porta” agli europei.
Tajani tenta il rilancio comunitario in un momento in cui l’Europa vive una crisi di fiducia profonda. La Brexit basta da sola a mostrare quanto si tenda a voltare le spalle all’Europa. Ma prima ancora la crisi del debito greco ha alienato le simpatie di istituzioni comunitarie quali Bce e Commissione europea. Il Consiglio pure non gode di buona reputazione, considerato piegato ai voleri tedeschi. Resta il Parlamento, e Tajani lo sa. “I nostri cittadini si rivolgono a noi e ci chiedono risposte, perché l’Ue siamo il loro solo interlocutore diretto. Senza questo Parlamento l’Europa sarebbe un insieme di assemblee fondate su burocrazie fredde e lontane”. Esattamente il contrario di cosa sono i protagonisti dei lavori a Bruxelles e Strasburgo. “Siamo un Parlamento vivo, il cuore dell’Europa” e non solo: il Parlamento europeo è il cuore della democrazia. Tajani lo ricorda con “orgoglio”. Per l’Aula di Strasburgo sono passati capi di Stato e di governo da ogni parte del mondo, “le grandi figure dei nostri tempi”, e questo conferisce all’istituzione “una dimensione che va oltre il ruolo conferito dai trattati”.
Qualcosa di cui essere orgogliosi, ma senza compiacersi troppo. Tajani scandisce e ripete a gran voce di “essere fiero” del ruolo di presidente, ma è un qualcosa che non vale solo per ragioni di campagna elettorale (a proposito: si lascia scappare un “sarò presidente del Parlamento europeo e non un primo ministro” che non è chiaro se si riferisca al dibattito italiano o alle critiche per come Martin Schulz, prima di lui, interpretò il ruolo di presidente). A tutti ricorda che quanto fatto in Europa non è un trofeo da esibire in patria per questioni di voti. “Non approviamo buone leggi per poter dire che facciamo qualcosa, ma abbiamo il dovere di farlo perché ciò che approviamo ha un impatto su 500 milioni di persone”. Servirà sempre legislazione “di qualità” per i cittadini. Di cui Tajani vuole essere portavoce e interlocutore. Il dialogo “permanente” con la società civile è una delle parole d’ordine per il Parlamento, unica istituzione direttamente eletta in Europa. Un ruolo che impone responsabilità. “L’Europa deve essere democratica, o non sarà”.