dall’inviato a Strasburgo
Tutto è ancora possibile, e dire come si modificherà la composizione dell’Aula del Parlamento europeo dopo la Brexit ancora appare difficile. Certamente, il numero dei parlamentari diminuirà, perchè su questo sembrano tutti d’accordo. Come si eleggeranno i deputati europei dopo l’abbandono del Regno Unito, è un’altra storia. E’, a dirla tutta, il vero nodo da sciogliere. I gruppi parlamentari hanno avviato ufficialmente il ragionamento su cosa fare dei posti che si libereranno in Aula e nelle commissioni all’indomani dell’uscita dei britannici dall’Unione europea. Si parla di 73 posti vuoti.
Per ora tutti sono d’accordo nel dire che bisognerà ridurre il numero complessivo dei deputati. Si parte dall’idea di portare da 751 a 700 il numero dei seggi dopo la Brexit. Un principio di riduzione che, al di là delle soglie, sembra piacere a tutti. Piace a rigoristi ed euroscettici (meno costi della politica), piace agli europeisti pragmatici (in prospettiva ci sono i seggi per i nuovi Stati membri entranti).
Sembra tramontare l’idea del listone sovranazionale, del cosiddetto ‘collegio elettorale europeo’ che tanto piace ai Socialisti e democratici (S&D), e che in Italia ha diversi estimatori, tra cui la presidente della Camera Laura Boldrini. Il gruppo dei socialisti, con ogni probabilità, presenterà un emendamento in tal senso, nella convinzioneiche possa attrarre un consenso trasversale, almeno in Parlamento.
Perchè il vero nodo pare essere rappresentato dal Consiglio. Lì gli Stati membri non sembrano sostenere questa idea, che invece non è scartata del tutto da liberali (Alde) e Verdi in Parlamento. Entrambi i gruppi in questione, però, al momento insistono sul rispetto dei tre criteri: proporzionalità con la popolazione, numero fisso, e abbassamento della soglia dei parlamentari. I popolari (Ppe) prendono nota ma non si sbilanciano. Senza di loro la proposta potrebbe non passare, e c’è già chi vede meno probabile la possibilità di creare un circoscrizione ‘Europa’.
A livello di Stati membri, Italia e Francia sarebbero d’accordo. Il governo di Roma non ne ha fatto mistero, e anche il presidente Emmanuel Macron, osservano gli addetti ai lavori, ha mostrato aperture in tal senso. Si attende Angela Merkel. La cancelliera tedesca è il vero ago della bilancia: unendosi a Italia e Francia contribuirebbe a fare da traino in Consiglio, schierandosi contro affosserebbe del tutto la proposta. Ragioni di campagna elettorale hanno fin qui spiegato silenzi al riguardo, e dunque si attendono le elezioni della prossima settimana e il nuovo governo (verosimilmente ancora a guida Merkel)
La strada che sembra farsi largo è quella di una redistribuzione per Paese dei seggi liberati dalla Brexit . In Parlamento si ricorda che, in occasione dell’accesso della Croazia, momento dell’ultima revisione delle quote di parlamentari europei da eleggere, non sono mancate critiche e malumori per i nuovi tetti. Un ritocco delle quote potrebbe dunque rappresentare la soluzione più pratica e meglio accettabile per tutti, una modifica anche più agevole da far approvare in Consiglio. Ad ogni modo per il momento non sembrano esserci le intenzioni di emendamenti condivisi. Ognuno presenterà le proprie proposte di correzione al testo per cui sono responsabili Danuta Hubner (Ppe) e Pedro Silva Pereira (S&D). Eventuali emendamenti comuni dovrebbero arrivare in un secondo momento, non appena sarà più chiaro quali saranno le convergenze.