Bruxelles – Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, terrà domani, mercoledì, a Strasburgo il suo discorso sullo Stato dell’Unione. Oggi sono stati i sindacati europei a pronunciare il loro intervento a Bruxelles sul futuro dell’Ue, con il segretario generale della Confederazione Etuc-Ces, Luca Visentini, che ha chiesto un “cambio netto delle politiche economiche”, una riforma del Patto di Stabilità che faccia sì che la flessibilità diventi permanente e automatica, e interventi che permettano alla ripresa, che pure in piccola parte c’è, di diventare più robusta in modo da creare posti di lavoro più stabili.
Segretario cosa serve in questo momento all’Europa?
“Serve innanzitutto un cambio netto delle politiche economiche per sostenere gli investimenti ma anche per dare una maggiore dimensione sociale. È necessario secondo noi imprimere una svolta alle politiche salariali andando verso degli aumenti da una parte e verso una convergenza tra est, ovest, sud e nord dall’altra, in modo tale che le divergenze che ci sono ancora nel mercato interno vengano affrontate seriamente. Su questi temi ci aspettiamo che Juncker faccia alcune proposte”.
A quali proposte pensate?
“Per prima cosa una riforma del Patto di stabilità e crescita, stabilizzando gli elementi di flessibilità che l’Ue ha inserito, ma anche una riforma del semestre europeo che introduca elementi sociali che permettano una convergenza verso l’alto non solo di salari ma anche delle condizione di lavoro”.
La riforma del Patto di stabilità è un tema su cui l’Italia ha lavorato molto
“L’Italia grazie a Matteo Renzi ha fatto una trattativa significativa a livello europeo e ha ottenuto negli ultimi 3 anni in media 15 miliardi all’anno di flessibilità. La questione però è: dove sono finiti, in investimenti? Non ci pare proprio. Sono stati usati per abbassare tasse e per dare incentivi a assunzioni che poi poco dopo si sono trasformate in licenziamenti. Una battaglia giusta ma francamente è assurdo che invece di usare questi soldi per investire e creare posti di lavoro si siano utilizzati in questo modo. Non è una politica progressista e per questo non ci convince”
Juncker dal canto suo ha lanciato il pilastro sociale, come lo giudicate?
“Lo ha lanciato e gliene deve essere reso merito, ma ora il presidente della Commissione deve essere conseguente e realizzarlo, non basta avere un piano d’azione serio, bisogna anche implementarlo”.
Gli indicatori economici parlano di una ripresa seppur leggera
“Una leggera ripresa c’è, è vera, ma risponde solo parzialmente al bisogno di ripresa dell’occupazione e non corrisponde a reale discesa della disoccupazione. Purtroppo anche quando si crea impiego in gran parte si tratta di impiego precario. Il problema è come rendere questa ripresa più robusta, con degli investimenti, e poi fare in modo che ci sia creazione di posti di lavoro di qualità e maggiore redistribuzione della ricchezza”.
In generale come valutate l’operato di Juncker fino ad ora?
“Ha tentato di fare cose rilevanti, che risultano ancora più importanti dopo i 10 anni di buio di Barroso, come appunto il Pilastro sociale, il rafforzamento dell’Unione monetaria e della sua governance, la redistribuzione dei rifugiati. Tutte cose condivisibili, ma purtroppo molte non si sono potute poi realizzare per il freno posto dai Paesi membri in Consiglio”.
Le elezioni tedesche potrebbero sbloccare questa situazione di stallo che si è creata soprattutto nell’ultimo anno?
“Le elezioni tedesche potrebbero aiutare o frenare, dipende da come andranno e da quale sarà la coalizione finale che si metterà in piedi”.