Bruxelles – Con la Brexit la Gran Bretagna perderà anche il diritto ad eleggere i suoi attuali 73 deputati europei. La questione è chiara da tempo, e il dibattito su cosa fare di questi seggi è acceso. Un certo consenso c’è sul procedere ad un riequilibrio delle rappresentanze nazionali, alcune delle quali sono sottodimensionate rispetto alla popolazione. Ci sono Paesi, come L’italia, che hanno meno deputati di quanti gliene spetterebbero, ma il tetto imposto al numero complessivo di seggi (751) ci ha penalizzato.
L’ultima proposta per questo riallineamento potrebbe portare l’Italia a guadagnare tre europarlamentari dopo la Brexit. La notizia è riportata per l’Agi da David Carretta, che ha ottenuto la bozza di un rapporto al quale lavora la commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo sul futuro dei 73 seggi che Regno Unito perderà lasciando l’Unione, e che sarà discusso questa sera dai membri della commissione.
Il documento, redatto dalla presidente della commissione Danuta Maria Hubner e dal collega portoghese Pedro Silva Pereira, prevede che 22 di questi 73 seggi vengano redistribuiti tra gli Stati membri così da “correggere le incongruenze rispetto al principio della proporzionalità degressiva”, in sostanza per dare la rappresentatività che agli Stati spetta in base alla popolazione. Se questo scenario dovesse concretizzarsi, la Francia e la Spagna otterrebbero quattro seggi in più mentre all’Italia ne spetterebbero appunto tre. Dei restanti undici, due andrebbero all’Olanda e all’Irlanda e uno a Svezia, Austria, Danimarca, Finlandia, Slovenia, Croazia e Estonia. La Germania non guadagnerebbe niente ma coi suoi 96 europarlamentari resterebbero comunque il Paese con la più alta rappresentanza, in quanto il più popoloso dell’Ue.
Tra l’altro 96, secondo i Trattati, è il numero massimo di deputati che un Paese può avere. Il numero minimo è invece 6, il che, pur nel garantire anche ai Paesi più piccoli una rappresentanza significativa per poter avere anche incarichi istituzionali nel Parlamento, crea di fatto un problema di “super rappresentanza” per stati piccoli quali Malta o il Lussemburgo. I deputati europei che vengono da questi Paesi rappresentano ciascuno circa 60mila elettori, mentre nei Paesi più grandi, come ad esempio l’Italia ne rappresentano circa 600mila.
L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea lascerebbe liberi altri 51 seggi che Hubner e Pereira vorrebbero congelare in previsione di futuri allargamenti o della realizzazione di liste transnazionali che potrebbero includere il prossimo candidato presidente della Commissione.
L’idea di creare un unico collegio elettorale per un gruppo di deputati, magari 27 quanti gli Stati che resteranno dopo la Brexit, che rappresenti tutto il territorio dell’Unione non è nuova. Nel 2011 ne aveva già parlato l’europarlamentare britannico liberale Andrew Duff ma il progetto, approvato dalla commissione affari costituzionali, era stato respinto dal Parlamento in plenaria.
A distanza di sei anni, e con la novità della Brexit l’idea sta riprendendo vigore, anche se ancora non è un progetto condiviso. A rilanciare la proposta è stato il governo italiano, ed ha trovato l’appoggio dato dal presidente francese Emmanuel Macron. Ma il Partito popolare europeo, che ha il più numeroso all’interno del Parlamento, continua a parlare di queste liste come di un “capriccio fantasioso” che richiederebbe persino una modifica dei Trattati. A ciò si aggiunge, per esempio, la resistenza di alcuni politici tedeschi che mai vorrebbero vedersi associati ai berlusconiani italiani, che pure fanno parte del Ppe. Anche il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si è espresso contro questa possibilità.
Uno spiraglio potrebbe forse aprirsi grazie ai socialisti. Il presidente del gruppo parlamntare S&D, Gianni Pittella, sostiene con determinazione la proposta di liste transnazionali, ed ha annunciato una prossima iniziativa parlamentare insieme al gruppo liberale (Alde) per sostenere il progetto. La discussione dunque va avanti, e dovrà essere sciolta a breve, visto che alle prossime elezioni europee mancano solo 20 mesi.
La decisione finale, anche per quanto riguarda la redistribuzione dei seggi tra i Paesi membri, spetta ai capi di Stato e di governo del Consiglio europeo, dovranno decidere all’unanimità.