Bruxelles – Un’efficace politica energetica europea non può non includere misure a carattere sociale, quando 50 milioni di persone sono a rischio di povertà energetica e la scelta di essere ambientalisti sembra continuare a dipendere dal proprio reddito, oltre che dalla coscienza. Ne è convinto Georges Dassis, presidente del Comitato sociale ed economico europeo. Dassis ha espresso le sue preoccupazioni in occasione della presentazione del pacchetto ‘Clean energy for all european’ ideato dalla Commissione Ue per implementare l’utilizzo delle energie rinnovabili. “Tutti noi siamo a favore dell’energia pulita ma la Commissione deve assicurarsi che il finanziamento di queste energie, che gode del mio pieno sostegno, non pesi ugualmente su quelli che sono in cima e in fondo alla piramide sociale”, ha detto Dassis.
Gli fa eco Frédéric Coffre, vicepresidente della National Energy Ombudsam Network. “Sembra che la Commissione confidi su tecnologia, smart meters e consumatori attivi ma è realistico aspettarsi che le persone che vivono di sussidi statali spendano soldi per investire nei pannelli solari?”, ha chiesto con tono provocatorio Coffre. “Come possiamo pensare che le persone decidano di comprarsi elettrodomestici più efficienti dal punto di vista energetico quando devono scegliere tra questo e comprare il cibo?”, ha continuato.
I critici del pacchetto energetico presentato dalla Commissione sottolineano poi che passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili vorrà dire chiudere le fabbriche e lasciare senza lavoro migliaia di persone. Alcune di queste potrebbero riuscire ad andare avanti solo con il reddito del partner, ma ci sono delle zone dove intere famiglie lavorano in quel settore e non si può pensare di lasciarle tutte a casa.
Ciò non vuol dire che bisogna accantonare le rinnovabili. A Bruxelles c’è infatti chi pensa di introdurre incentivi fiscali e tariffe “sociali” per chi ha un reddito basso. Un’altra idea potrebbe essere quella di spostare la tassazione dal lavoro al carbonio, per produrre più crescita. Trovare una soluzione è interesse comune poiché l’Unione energetica è uno dei pochi temi che trova potenzialmente d’accordo tutti e 27 gli stati membri.
“Costruire un’unione energetica non vuol dire solo creare un’altra istituzione dal valore simbolico, ma migliorare la vita dei cittadini, permettere loro di vivere in modo migliore rispetto al passato”, ha detto il presidente della sezione energetica del Comitato sociale ed economico europeo Pierre-Jean Coulon. “Questo è il nostro ruolo, il ruolo di ognuno di noi, e non c’è modo di raggiungere questi obiettivi individualmente. Bisogna lavorarci tutti insieme”.