traduzione a cura di Alister Ambrosino
Link alla versione originale in lingua inglese sul sito di EuVisions.eu
Il contesto
Il Pilastro europeo dei diritti sociali è stato introdotto dalla Commissione europea il 26 Aprile 2017 attraverso una raccomandazione comunitaria. Il Pilastro vuole essere un punto di riferimento in termini di principi e valori attinenti al dominio dei diritti sociali. Inoltre, nel medio termine, il Pilastro dovrebbe accelerare il processo di convergenza fra gli stati membri, all’interno dell’Eurozona e non. Il progetto originale, presentato dalla Commissione Juncker in occasione del suo insediamento nel 2014, è stato infatti motivato dal bisogno di ridurre le differenze tra le varie forme nazionali del modello sociale europeo, conseguenti ai differenziali di sviluppo economico.
In realtà, già la “Relazione dei quattro presidenti” del 2012 aveva indicato che eccessivi differenziali di sviluppo economico possono compromettere l’efficacia del modello sociale europeo. Il testo della relazione sottolineò soprattutto la necessità di rafforzare l’Unione economica e monetaria (Uem) per salvaguardare la sostenibilità e la competitività dell’Unione. Ma, contestualmente, la Commissione identificò anche la necessità di rafforzare l’Uem bilanciando gli squilibri economici tra i paesi dell’Eurozona.
Successivamente, le conclusioni adottate in occasione dell’Euro summit dell’Ottobre 2014 hanno spinto il Presidente Juncker ad operare proprio in quella direzione. Si è arrivati così alla “Relazione dei cinque presidenti” del Giugno 2015, che conteneva essenzialmente il prototipo del Pilastro.
La prima bozza di testo del Pilastro è stata presentata dal Presidente Juncker nel Settembre 2015. Conseguentemente è stato messo in moto un processo di consultazione al quale hanno preso parte numerosi attori: istituzioni e partiti europei, governi nazionali, autorità locali, organizzazioni nazionali e internazionali, imprese, sindacati e associazioni di imprenditori.
Nel Gennaio 2017, appena conclusa la consultazione, il Parlamento europeo (Pe) ha presentato gli ultimi emendamenti al testo, prima dell’approvazione definitiva.
Le fratture politiche
Il Pilastro europeo dei diritti sociali si compone di 20 principi, strutturati intorno a tre macro aree di intervento: 1) garantire pari opportunità di accesso al mercato del lavoro; 2) stabilire condizioni di lavoro adeguate; 3) stabilire livelli adeguati di protezione sociale e inclusione.
Questi principi coprono praticamente tutto ciò che riguarda i diritti sociali, dal diritto all’indennità di disoccupazione alla formazione continua, passando per i diritti dell’infanzia. Inoltre è stata proposta una pagella come strumento di valutazione comparativa. L’obiettivo è quello di poter valutare la conformità degli ordinamenti degli stati membri, rispetto alle disposizioni del Pilastro.
Nonostante la Commissione abbia svolto un lungo processo di consultazione volto a solle vare le criticità del testo, anche a iter concluso, l’efficacia del Pilastro rimane dubbia. Sono tre i problemi principali: 1) non dispone di forza giuridica; 2) i governi nazionali sono responsabili per la sua implementazione; 3) appare “semplicemente” come una “rivisitazione di disposizioni vigenti”.
Un Pilastro vincolante?
Le raccomandazioni della Commissione non sono legalmente vincolanti. Esse fungono da dichiarazioni di principio che dovrebbero ispirare le future scelte politiche degli stati membri. All’interno del Pe, il gruppo Gue/Ngl ha espresso insoddisfazione nei confronti della natura non vincolante del Pilastro. Il Gruppo politico interpreta il testo come un insieme di buone intenzioni senza mordente; il Gruppo dei Verdi ha evidenziato, con toni diversi, lo stesso problema. Anche i sindacati e le ong richiedono un documento vincolante, contrariamente alla maggioranza dei governi e Parlamenti nazionali – con la curiosa eccezione della Camera dei deputati italiana – e delle associazioni imprenditoriali, le quali si sono schierate a sostegno di una normativa non prescrittiva.
La bozza preliminare del Pilastro conteneva un lungo elenco di principi, ognuno relativo a un differente aspetto e livello di competenza dell’Ue. Ciò rese necessario trovare uno strumento legale in grado di rispettare le competenze di ogni organo istituzionale. Inoltre, la “radicalità” dei principi del Pilastro spinse il Comitato di politica economica (Cpe) del Consiglio Ue a evidenziare l’importanza del rispetto delle competenze nazionali. Anche il Comitato delle regioni espresse la preoccupazione che si potesse intaccare il principio di sussidiarietà.
I Gruppo del Gue/Ngl, ha affermato che il Pilastro rivisita gli stessi principi contenuti nelle procedure del Semestre europeo, lo strumento di governance di cui si è dotata l’Ue per coordinare le politiche economiche degli stati membri. Secondo Gabi Zimmer, Capogruppo del Gue/Ngl, tale ridondanza, unita alla natura non vincolante del Pilastro, ha reso la sua approvazione trascurabile.
Un Pilastro incompleto?
Questi timori di carattere generale sono stati poi affiancati da critiche più precise nei confronti degli effettivi principi contenuti nel Pilastro. Il Gruppo dei Socialisti & Democratici (S&D) ha chiesto che la raccomandazione sia integrata da una direttiva relativa a eque condizioni di lavoro per tutti i lavoratori. Il Gruppo del Partito popolare europeo (Ppe), di cui fa parte anche il Presidente Juncker, ha lamentato la mancanza di un riferimento preciso al diritto di portabilità delle pensioni, un dettaglio sottolineato anche dalla Confederazione europea dei sindacati (Etuc). Il Gruppo dei Verdi, invece, ha ribadito come non vi siano disposizioni concrete riguardanti i salari e i redditi minimi.
Un altro punto importante riguarda la complementarità del Pilastro con gli obiettivi di natura fiscale fissati dalla Commissione europea. Ci si potrebbe domandare, per esempio, come si intendano bilanciare il bisogno di ridurre i deficit nazionali e, al contempo, la modernizzazione dei sistemi previdenziali degli stati membri, e i dettami del Pilastro.
Le tempistiche e le prospettive di applicazione
La tempistica dell’approvazione del Pilastro non è stata casuale. L’accordo sul testo è stato raggiunto nel periodo tra i due turni delle elezioni presidenziali francesi, in un momento in cui i partiti politici tradizionali affrontavano le forze populiste della destra radicale. In questo contesto, il Pilastro è stato utilizzato come un segnale preciso: le istituzioni dell’Ue si preoccupatno delle questioni relative alla protezione sociale e al benessere economico dei cittadini.
Ma dopo l’approvazione del testo, i sindacati hanno chiesto risorse adeguate per finanziare programmi concreti che possano portare al raggiungimento degli obiettivi stabiliti. In effetti, l’assenza di risorse economiche dedicate, unita alla mancanza di forza giuridica del Pilastro, ha portato i critici a sostenere che questo sia solamente un tentativo di raccogliere consensi. Ad onore del vero, la Commissione ha integrato il documento con una proposta di direttiva sull’equilibrio tra vita privata e lavoro, la quale tratta in modo specifico le problematiche legate al congedo parentale, con l’obiettivo di estenderlo anche alla figura del padre, e al congedo per assistenza.
In estrema sintesi il Pilastro è stato accolto da due tipi di reazione: una positiva, sebbene critica, da parte dei Gruppi parlamentari più grandi, soprattutto da parte del Ppe e dell’S&D; e una negativa, da parte del Gue/Ngl che ha praticamente bocciato l’intero progetto. Il Gruppo dei Verdi è rimasto, per così dire, nel mezzo: non ha liquidato la proposta ma, al contempo, ha denunciato le criticità oltre quanto fatto dal Ppe e dall’S&D.
Gli scenari futuri
Vista la mancanza di potere vincolante del Pilastro, la Ce potrebbe integrare il progetto con una serie di nuovi provvedimenti legislativi. La direttiva sull’equilibrio tra vita privata e lavoro è un passo in questa direzione. Ma alcuni Gruppi parlamentari, come quello dei Verdi, ha già affermato che non sarebbe sufficiente.
Per valutare l’impatto del Pilastro è poi importante capire quando quest’ultimo sarà adottato dagli stati membri dell’Unione che non fanno parte dell’Eurozona. Infatti, benché ideato per i paesi che condividono la valuta comune, il Pilastro può diventare un punto di riferimento anche per il resto dell’Unione. Non dovesse essere questo il caso, l’Uem rischia di rafforzarsi soltanto nell’Europa dei Paesi “core”.
Inoltre, godendo dello status di “proclamazione inter-istituzionale”, il Pilastro dovrebbe rapidamente diventare un punto di riferimento comune per tutte le istituzioni europee.
In ogni caso, sarà la complementarità con altri dispositivi istituzionali a determinare il successo del Pilastro, o meno. La Commissione stessa evidenzia come quest’ultimo potrebbe affiancare il Semestre europeo e servire come punto di riferimento per il “periodo di programmazione finanziario europeo post-2020”.
Nel Novembre 2017 si terrà un summit sulla “crescita equa e l’occupazione” a Göteborg, in Svezia. Sarà l’occasione per radunare tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo del Pilastro e interessati a una sua effettiva applicazione.